ARANCE, RIBERA SCOMMETTE SULLA “DOP” PER FAR DECOLLARE PRODOTTO E TERRITORIO

In archivio in Sicilia i Riberella Days: tre giorni di eventi dedicati all’unico agrume che si può fregiare della Denominazione d’origine. Ampliare il periodo di commercializzazione, consolidarsi in Gdo e far remunerare meglio i produttori le priorità. Ampliare il periodo di commercializzazione attraverso il lancio di nuove varietà, garantire più reddito agli agricoltori,

facilitare le aggregazioni tra produttori, operare in modo continuativo e più capillare con la grande distribuzione, consolidare il legame con il territorio anche nell’ottica di sviluppare il turismo, creare nuove occasioni di consumo per un frutto versatile che in cucina può essere preso in considerazione in svariate ricette.

 

Unico agrume al mondo a potersi fregiare di una Denominazione di origine protetta – acquisita da poche settimane -, supportata da un Consorzio che esprime un marchio di discreta notorietà, l’arancia di Ribera si è regalata la prima edizione di Riberella days, festival che ha coinvolto il Comune agrigentino dal 29 aprile al primo maggio scorsi: convegni, stand a forma di arancia, degustazioni, laboratori gastronomici, visite guidate per giornalisti, mostre, concorsi a tema e concerti per una kermesse organizzata in un periodo non propriamente cruciale a livello produttivo e commerciale (già a marzo i magazzini erano vuoti), che ha sofferto di qualche limite organizzativo e non si preclude però traguardi ambiziosi, visto che i promotori (tra i quali Regione, Provincia e Consorzio) hanno già annunciato il “bis” per il 2012, quando le date verranno anticipate e l’obiettivo sarà quello di farne un evento davvero internazionale.

 

L’agrumicoltura di questa fascia sud occidentale della Sicilia bagnata dal fiume Verdura ed imperniata sulle varietà Brasiliano, Washington Navel e Navelina, sogna di tornare ai fasti degli anni Settanta e Ottanta, quando il prodotto veniva pagato nei campi l’equivalente di quanto spunta oggi (25-30 centesimi la remunerazione dell’ultima stagione) e, addirittura, una cassetta con qualche arancio poteva essere "barattata" con una colma di pesce fresco appena scaricato dai pescherecci. Ma l’"oro arancione", nel tempo, ha perso valore ed oggi servono qualità, marketing, organizzazione e strategie adeguate per giocare un ruolo da protagonisti.   

 

A Ribera e negli altri 13 Comuni premiati dal riconoscimento comunitario  i margini di crescita, sicuramente, ci sono: “Abbiamo rincorso la Dop per 11 anni, ora che l’abbiamo portata a casa vogliamo farla valere”, ha detto a Corriereortofrutticolo.it il presidente del Consorzio Giuseppe Pasciuta. “Come? Cercando di ottenere un prezzo più soddisfacente a monte della filiera, in modo che le arance vengano pagate non meno di 40 centesimi al chilo e perseguendo un più stretto rapporto con la grande distribuzione che già ora acquista le arance Riberella, perché il consumatore le chiede, ma magari non distribusce capillarmente a tutti i punti vendita del territorio”.

 

Dop come punto di partenza e non di arrivo, per un “rinascimento” dell’agrume agrigentino che dovrà passare anche da un ampliamento varietale teso a estendere il periodo di commercializzazione: “L’ultima stagione – spiega Pasciuta – è stata positiva, la consistenza della domanda ha fatto però sì che a marzo non avessimo prodotto a disposizione. Confidiamo nei risultati che potranno arrivare dai campi sperimentali in cui vengono testate 14 nuove cultivar per essere sempre più competitivi e accrescere i volumi”.

 

 E per consolidare il peso specifico del marchio, sul mercato dal 1994 ed ora “impreziosito” dalla sigla Dop, a Ribera si punta a ridare fiato alla cooperazione, che negli anni Ottanta aveva fallita lasciando un’eredità di aspre polemiche e aprendo ferite non ancora del tutto rimarginate.

 

“Il Consorzio vuole organizzare la produzione – la conclusione del presidente – e punta a costituire una Op che migliori la fase di commercializzazione. La nostra non è una Dop “sulla carta”, il prodotto c’è ed è buono: tocca a noi decretarne il successo per consacrare l’agroalimentare locale e fare dell’arancia uno strumento di marketing del territorio”.

 

In questo senso il sindaco Carmelo Pace ha anticipato che è in vista un accordo con i produttori per scrivere negli imballaggi “Ribera città turistica” con l’indirizzo internet del Comune.

 

Intanto nei territori dell’arancia di Ribera si investe sul biologico: la quota di arance organic, attualmente pari al 15% circa del totale prodotto, è destinata ad aumentare nei prossimi anni.

 

Nel convegno“D.O.P.: cosa cambia nel territorio?”, condotto da Patrizio Roversi e in cui sono interventi tra gli altri Martino Ragusa, direttore tecnico di Riberelladays, Maria Antonientta Germanà della Facoltà di Agraria dell’Università di Palermo e Giuseppe Russo Centro Ricerche per l’Agrumicoltura e le Colture Mediterranee di Acireale, è stato ricordato il professor Franco Calabrese, uno dei protagonisti del lungo camino conclusosi con il riconoscimento comunitario.

 

 

Gli altri appuntamenti convegnistici ospitati nell’affascinante cornice della villa Comunale riberese hanno focalizzato le potenzialità dell’arancia in ristoranti, alberghi e bar (ancora inespresse: perfino nelle zone produttive, ai succhi di agrume fresco vengono spesso preferiti i prodotti industriali) e il legame tra il frutto oggetto della tre giorni ed il paesaggio. Un paesaggio splendido e per larghi tratti ancora incontaminato, arricchito da quella perla culturale che è la vicina valle dei Templi ma sofferente di carenze infrastrutturali e penalizzato dalla lontananza dagli aeroporti isolani.

 

Mirko Aldinucci

mirko.aldinucci@corriereortofrutticolo.it

 

 

 

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