AUMENTO IVA SU PRODOTTI ALIMENTARI: CONTRARI FIDA E FEDERALIMENTARE

Fida e Federalimentare si ritrovano dalla stessa parte della barricata nel dire no all’ipotesi di aumento delle aliquote Iva. Secondo il presidente di Federalimentare, Filippo Ferrua, (nella foto) "il mercato interno registra un ristagno dei consumi, penalizzati dall’impennata del  prezzi delle commodity agricole, cresciute del 50% in aprile, e dei combustibili che rimbalza sui prezzi, aumentati del 2,2%".

 

E per questo Ferrua dice "no all’aumento delle aliquote Iva sui prodotti alimentari che generano inflazione, penalizzando ulteriormente i consumi". Parole che hanno subito trovato l’approvazione della Fida che, per bocca del suo presidente, Dino Abbascià (nella seconda foto dall’alto), ha sottolineato che "la ferma e contraria presa di posizione contro l’eventuale aumento delle aliquote IVA è musica per le nostre orecchie, perché se è vero che uno dei problemi strutturali della nostra economia è la bassa crescita, legata soprattutto ad una domanda per consumi sostanzialmente ferma negli ultimi anni, è altrettanto evidente che servono misure di stimolo e non certo di freno ai consumi".

 

"Questo perché – prosegue Abbascià – se prendesse corpo l’ipotesi ventilata di un aumento delle aliquote IVA gli effetti più perversi di questo provvedimento sarebbero quelli che inciderebbero sul clima di fiducia generale e soprattutto sulla propensione al consumo delle famiglie. Insomma, vorrei interpretare la posizione di Federalimentare come un appello ad allargare il fronte dei contrari all’aumento dell’Iva".

 

Con il no degli industriali e i dettaglianti del settore alimentare si allarga il fronte dei contrari all’aumento dell’Iva. Fronte guidato dal presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, che in più occasioni ha ribadito la sua contrarietà all’equazione "meno Irpef e più Iva". "Il problema reale del nostro Paese – ha spiegato – è infatti la debolezza strutturale della domanda, in modo particolare dei consumi". Per Sangalli, "se si vuole rilanciare la domanda, non si può passare per l’appesantimento dell’aliquota Iva". Secondo il presidente della Confcommercio in questo modo ”si colpirebbe anche il ‘sentiment’ delle famiglie che diventerebbero piu’ timide nei confronti dei consumi".

 

Un’altra voce contraria è quella della Cgil: il segretario generale, Susanna Camusso, ha osservato che "trasferire una percentuale del gettito dall’Irpef all’Iva rischia di avere effetti depressivi per consumi obbligati e quindi per i lavoratori e per i pensionati. Non viene fatta un’opera di redistribuzione, chi aveva una condizione privilegiata se la mantiene, ed e’ la stessa logica dei tagli lineari, che pesano di più per chi ha di meno".

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