CRISI PESCHE, LOMBARDI: “CONCENTRARE L’OFFERTA E TOGLIERE IL CALIBRO C”

Risale al 1959 la prima grave crisi frutticola in Italia quando i commercianti lasciarono le pesche nei campi dei produttori. Da quella crisi nacquero, negli anni seguenti, le Cooperative ortofrutticole a difesa e per la valorizzazione del prodotto dei Soci. Con lo svilupparsi della produzione ortofrutticola e della concorrenza sui mercati, le crisi di settore diventarono cicliche (ogni 5/6 anni).

 

Furono crisi nate sempre per gli stessi motivi: eccessi produttivi rispetto le richieste di mercato, andamenti stagionali avversi, scarsi consumi, qualità insufficiente, speculazioni commerciali, etc. Nacquero poi, con il Reg. CEE 1035 del 1967, le OP per l’organizzazione della produzione e dell’offerta e per i ritiri dal mercato in caso di crisi grave, ma nulla cambiò perché gran parte delle OP, in pratica, erano solo sulla carta e non avevano il controllo della produzione.

 

Secondo Romeo Lombardi di Alimos (nella foto), con questa logica del "cambiare per non cambiare nulla" si arrivò al 1995 con l’approvazione, da parte dell’UE, del Reg. 2200 e 2202 (OCM ortofrutta fresca e trasformata) che dava indicazioni precise sul ruolo delle OP (controllo produzione, qualità del prodotto, concentrazione dell’offerta, assistenza tecnica) e riservando un contributo del 3,1% sul VPC. Fu anche questa l’occasione per moltiplicare, in molte aree del Paese, le OP di "carta", senza corrispondere alle aspettative dell’OCM. L’avvio della globalizzazione dei mercati con gli "accordi bilaterali" fatti dalla UE con i Paesi del Maghreb, Mashrek, ecc. e la forte riduzione o eliminazione dei dazi di importazione contribuì ad aumentare la concorrenza sui mercati europei, con prezzi al ribasso.

 

Conducemmo, in quegli anni – ricorda Lombardi – una forte azione nei confronti della Commissione della UE per vietare la vendita sui mercati dei prodotti di piccolo calibro e, dopo lunghe discussioni, si vietò la vendita del calibro "D" nelle pesche. La produzione aumentava in Italia (sud), in Spagna, in Grecia; i consumi erano stagnanti o in riduzione; la qualità non sempre era al massimo a causa di varietà obsolete; la domanda si concentrava a livello nazionale ed europeo (GDO); l’offerta si manteneva divisa fra i diversi operatori italiani e dei Paesi produttori; gli intervalli delle crisi non erano più di 5/6 anni, ma arrivavano a 2/3 anni.

 

In questa ultima annata, alle cause strutturali si sono aggiunte quelle contingenti: Escherichia Coli, sovrapposizione nella maturazione fra Nord-Sud, fra Italia-Spagna. La situazione è drammatica, ma le cause contingenti vanno affrontate come tali e con gli aiuti adeguati per i produttori, senza confonderle con i problemi strutturali.

 

I rimedi

 

Piangerci addosso non serve più, osserva Lombardi. Gli aiuti si stanno riducendo; la concorrenza aumenta; la domanda è sempre più concentrata; l’offerta rimane frazionata; i consumi sono stazionari o in calo; i costi sono in progressivo aumento; il produttore è costretto ad abbattere gli impianti. In primo luogo occorre una politica forte e decisa a livello europeo, nazionale e regionale. Per un settore importante come l’ortofrutta, il MIPAAF deve esprimere, assieme a Francia, Spagna e Grecia, nei confronti della UE una "pressione" che non può essere quella degli ultimi 10 anni.

 

E’ necessario affrontare con decisione alcuni problemi di fondo:

concentrare l’offerta tramite le "vere" OP che commercializzano direttamente o tramite società controllate e togliere il riconoscimento alle OP cosiddette di "carta";

qualificare la produzione favorendo l’abbattimento delle varietà superate per fornire il consumatore di un prodotto di alta qualità;

fare un Reg. UE per togliere dal mercato il calibro "C" che è sinonimo di qualità inferiore e a valere per i Paesi produttori di pesche;

realizzare accordi fra Italia, Francia, Spagna e Grecia per un’azione comune sulla produzione e sul mercato da sostenere ed imporre alla UE e supportata dai Ministeri e dalle Regioni peschicole dei vari Paesi;

controllare il flusso del prodotto sui mercati, tramite le OP dei vari Paesi; 

riorganizzare l’O.I. per regole che tutti devono rispettare;

l’accordo raggiunto recentemente fra le Centrali Cooperative (ACI) deve tradursi in azioni comuni rivolte alla produzione ed al mercato; 

una sana e corretta politica di settore deve esprimere garanzie anche per il produttore che, in caso di crisi e/o di eventi eccezionali, possa disporre di un ombrello protettivo.

 

Piangerci addosso quando c’è la crisi e poi continuare nella speranza che non si ripeta serve a poco. E’ un disco rotto che si fa risuonare ogni 2/3 anni senza che nulla cambi. Così come non si può sperare sulle disgrazie altrui (gelo, grandine,ecc.) per continuare a "tirare avanti" senza affrontare i problemi di fondo e impostare una sana e diversa politica di settore.

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