I PORTI ITALIANI FERMI AL PALO

I porti italiani non crescono, mentre gli altri scali europei corrono a vele spiegate. Ancora più grave appare la situazione se si considera come l’Italia non sia riuscita ad approfittare delle propria strategica posizione geografica per accogliere le merci destinate o provenienti dall’Estremo Oriente, che passano, con volumi sempre crescenti, per altre strade, anche se più lunghe.

 

Sintomo di questa inadeguatezza del sistema italiano sono alcuni episodi, fra tutti quello del recente addio di Maersk al porto di Gioia Tauro. Linkiesta.it ha esaminato la situazione degli scali del Belpaese esaminando innanzitutto alcuni dati, a dir poco preoccupanti. Secondo i numeri di Eurostat relativi ai trasporti marittimi in container nel 2001 l’Italia copriva una quota del 15,22% dei volumi complessivamente movimentati dall’Unione Europea a 15 nazioni, lontana dal primo posto tedesco (20,32%), ma appena a ridosso di Spagna e Olanda (16,06% e 16,02%), rispettivamente seconda e terza.

Nel 2010 la percentuale italiana nell’Ue a 27 è scesa al 10,53%, superata in classifica da quella belga (12,85%) e sempre più distante da quelle tedesche, spagnole e olandesi (rispettivamente 17,46%, 15,49% e 15%). Del resto, considerando i valori assoluti del decennio, si nota come il tasso di crescita dei volumi movimentati in Italia sia stato fra i più scarsi, almeno nei Paesi principali: 34,9% contro il 67,6% tedesco, l’88,6% spagnolo, l’82,1 olandese e il 192,6% belga (Anversa negli ultimi dieci anni è tornata ad essere uno dei maggiori porti continentali); persino la Francia ci ha rosicchiato qualcosa (42% la crescita nel decennio), mentre peggio ha fatto solo la Grecia (-18,9%), il che è tutto dire. Un fallimento quindi su più fronti. Mentre all’estero le cose sono ben diverse, specie nel sud del Mediterraneo, da Malta a Tanger-Med, dove si stanno registrando boom di traffici grazie anche alla facilità con cui si possono fare investimenti senza troppi intoppi burocratici.

 

Linkiesta ha intervistato Piero Lazzeri (nella prima foto in alto), presidente di Fedespedi che si domanda: “Oltre 1 milione di TEU destinati dal Far East all’Italia sbarca in porti nordeuropei e giunge da noi via terra: quale paese con 8.000 chilometri di coste, poste “prima” sulle rotte con l’Oriente rispetto al Nordeuropea, accetterebbe una simile stortura, con la beffa di vedersi sfilare sotto il naso lavoro e gettito fiscale connessi? D’altro canto per trasportare un container da Anversa a Verona ci vogliono mediamente 72 ore, da Genova si supera abbondantemente la settimana”.

“Mentre molti Paesi si sono adeguati alla crescita, negli ultimi 10-20 anni, dello scambio di merci con l’Oriente, noi siamo rimasti al palo”, sottolinea nell’intervista Lazzeri. “Per una spedizione in importazione dalla Cina occorrono più di 70 documenti e, a seconda della tipologia, possono essere effettuati fino a 17 controlli sulla merce, di competenza di 2 o 3 Ministeri: del nostro eccesso di burocrazia in porti come Rotterdam ormai ridono; sono anni che si parla di sportello doganale unico, ma ad oggi non si è ancora provveduto a darvi seguito”.“Il problema è che da una quindicina d’anni manca completamente un’attenzione politica seria per il settore. Il silenzio del Ministero competente (Infrastrutture e Trasporti) è assordante”.

 

Secondo Filippo Gallo (nella foto qui a fianco), presidente di Federagenti “il problema principale della nostra portualità è di natura infrastrutturale e ha due manifestazioni. Da una parte mancano infrastrutture retro-portuali e terrestri, ferroviarie in particolare: se a stento si riesce a far superare alle merci gli Appennini, figuriamoci far attraversare le Alpi a grandi volumi di container; dall’altra non si è provveduto neppure ad adeguare dovutamente le infrastrutture portuali alle mutate dinamiche della navigazione, vale a dire l’impiego negli ultimi anni, da parte delle grandi compagnie, di navi, in ragione delle economie di scala, via via più grandi e capienti, che hanno problemi ad operare nei nostri porti sia per l’accosto che per lo stivaggio delle merci trasportate”.

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