SI CHIAMA MARCA LA SFIDA DEL BIO

Chi non fa marca non ha futuro, chi la marca non la può fare si deve associare a chi ha questa possibilità: è stato uno degli spunti più interessanti del congresso sul futuro del biologico in Emilia Romagna, voluto dall’assessore regionale all’Agricoltura Tiberio Rabboni, svoltosi lunedì 24 ottobre a Bologna (leggi news correlata).

 

Non è una questione regionale, e nemmeno nazionale: va oltre. Attorno alla marca infatti ruotano in tutto il mondo le possibilità di reddito dei produttori e ruota anche il confronto in atto tra questi e le loro organizzazioni da una parte e la grande distribuzione dall’altra. La gdo infatti ha creato i propri marchi (private labels) del biologico, che vanno dal latte ai biscotti a tutta una serie di altri prodotti e con vari strumenti, soprattutto attraverso i prezzi, cerca di privilegiarli rispetto ai marchi lanciati da produttori e trasformatori. C’è comunque chi ce l’ha fatta ad imporsi con questo strumento fondamentale per avere un filo diretto con il consumatore su vasta scala, uno strumento che richiede investimenti nella comunicazione e nel marketing, oltre che una organizzazione logistica che nessuna azienda di piccole e medie dimensioni si può permettere.

Ce l’ha fatta Almaverde Bio, ci sta provando Alce Nero Mielizia. "Sì, sembrava una follia – ha detto a Bologna Renzo Piraccini, presidente di Almaverde Bio (nella foto) – fare la marca nel biologico, ma ci siamo riusciti. Crescere nella gdo comunque resta una impresa difficile mentre più facile è crescere fuori. Comunque, la strada del biologico non è e non sarà facile perché per imporsi servono livelli di efficienza difficili da raggiungere e da mantenere. Chi sostiene il contrario dice purtroppo banalità anche se è vero che il potenziale di crescita del bio, per chi sa affrontare il mercato, è ancora enorme".

Coincide largamente questa analisi con quella di Massimo Monti, amministratore delegato di Alce Nero Mielizia: "I meccanismi di mercato di oggi sono complessi, difficili da gestire. La marca è il mezzo per parlare al consumatore e la politica di marca ha i costi che ha per i grandi marchi dei prodotti convenzionali e per noi che siamo in una nicchia". Il biologico, secondo Monti, soffre anche per l’inefficienza della filiera che "penalizza la parte agricola non consentendole di essere retribuita in modo adeguato". (fonte: GreenPlanet.net)

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