GRAZIE ALL’UE L’AGLIO CINESE DIVENTA IGP. I PRODUTTORI ITALIANI INSORGONO

L’ UE attribuisce per la prima volta all’aglio cinese di Jinxiang Da Suan il riconoscimento e la tutela comunitaria come prodotto ad Indicazione geografica Protetta (IGP). Lo rende noto la Coldiretti nel sottolineare che la Commissione Europea ha pubblicato l’iscrizione nel registro delle Dop e delle Igp della denominazione richiesta dalla Repubblica popolare cinese.

 

L’iscrizione è avvenuta sulla gazzetta ufficiale comunitaria del primo novembre per questo aglio cinese. Come noto – sottolinea la Coldiretti – l’Unione Europea ha aperto il proprio registro delle denominazioni ai paesi extracomunitari, nell’ottica di rendere compatibile la sua normativa con le richieste dell’organizzazione mondiale del commercio (WTO) e per mettere le basi per un mutuo riconoscimento delle denominazioni.

I cinesi sono i più grandi consumatori e produttori di aglio a livello mondiale e la notizia ha creato l’allarme tra i produttori nazionali del gustoso bulbo che è particolarmente apprezzato in Italia con un consumo stimato – sostiene al Coldiretti – in 50 milioni di chili all’anno in molti piatti della cucina tradizionale, a partire dalla più semplice bruschetta.

Nel 2010 l’Italia – afferma la Coldiretti – ha importato direttamente dalla Cina quasi 2,5 milioni di chili di aglio ma gli arrivi dal gigante asiatico nei primi sette mesi del 2011 sono aumentati del 18 per cento e soprattutto non tengono conto delle triangolazioni commerciali che spesso si verificano nel commercio del “profumato” condimento. Il gigante asiatico infatti – continua la Coldiretti – è stato spesso al centro di denunce dell’Olaf, ufficio anti-frodi dell’UE, per le operazioni di triangolazione che modificano l’ origine del prodotto cinese, finalizzate a non pagare i dazi, provocando perdite al fisco per milioni di euro e, aggiungiamo, danni ai produttori comunitari di aglio.

A rischio – continua la Coldiretti – ci sono i tanti agli tradizionali italiani che sono peraltro conosciuti e apprezzati nel mondo ed entrano come condimenti ricercatissimi nelle ricette più rinomate: l’aglio rosso di Sulmona e l’aglio polesano, e ancora l’aglio bianco di Vessalico, l’aglio dell’Ufita, l’aglio di Molino dei Torti, l’aglio di Resia, l’aglio Massese, gli agli rossi di Castelliri, di Nubia, di Procedo, il maremmano e l’aglio di Monticelli sono solo alcuni esempi delle specialità offerte sul territorio nazionale.

Potenzialmente – spiega la Coldiretti – la produzione di aglio cinese che potrebbe essere commercializzata con marchio comunitario IGP è pari a cinque volte il totale della produzione comunitaria. A preoccupare – continua la Coldiretti – è la reazione del consumatore europeo ed italiano, che potrebbe essere tratto in inganno dal marchio comunitario, scambiando il prodotto cinese per un prodotto dell’Unione Europea. In Italia la produzione di aglio interessa oltre 3.000 ettari di terreno, per una produzione attorno ai 30 milioni di chili e di conseguenza i consumi sono soddisfatti per quasi il 50 per cento dalle importazioni.

La Cina nel 2010 ha conquistato il triste primato nel numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari perché contaminati dalla presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori dalle norme di legge, da parte dell’Unione Europea. Su un totale di 3.291 allarmi per irregolarità ben 418 (13 per cento) – conclude la Coldiretti – hanno riguardato la Cina per pericoli derivanti dalle contaminazioni dovute sopratutto a materiali a contatto con gli alimenti, sulla base della Relazione sul sistema di allerta per gli alimenti.

"È davvero inconcepibile”, sottolinea il presidente di Coldiretti Piacenza Luigi Bisi. “Nella nostra Provincia sono circa 20 anni che si sta lavorando per ottenere la certificazione per il nostro aglio di Monticelli e l’Unione europea ha sempre trovato qualche impedimento. Adesso nel giro di pochi mesi arriva l’IGP per l’aglio cinese. Questa è l’ennesima dimostrazione che l’Ue non sempre ha a cuore la valorizzazione dei nostri prodotti e la tutela dei consumatori".
"Quante volte – continua Bisi – alla nostra richiesta di etichettatura obbligatoria dei prodotti ci siamo sentiti rispondere che provocherebbe concorrenza sleale? Ebbene, questa non è concorrenza sleale? Certifichiamo un prodotto cinese che da sempre rappresenta un competitor per i produttori europei. Invitiamo pertanto i consumatori – conclude Bisi – a fare particolare attenzione e a leggere accuratamente le etichette quando acquistano aglio, prediligendo sempre quello locale e auspichiamo che gli enti che avevano presentato la certificazione per il nostro aglio proseguano velocemente, cercando di oltrepassare quegli ostacoli che evidentemente i cinesi hanno brillantemente superato”.

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