GIULIANO: “NON ESAGERIAMO CON LE PRODUZIONI DI UVA APIRENE”

Annata complessa per l’uva apirene precoce pugliese. I mercati esteri spingono come non mai, forti di un’aggressività dei prezzi che il prodotto italiano non si può permettere per i più alti costi di produzione. Sull’andamento delle vendite dell’uva da tavola senza semi è preoccupato Nicola Giuliano, a capo dell’omonima azienda di Turi (Bari).

“Le quotazioni del prodotto nordafricano e spagnolo sono più basse rispetto a quelle del prodotto pugliese”, conferma Giuliano, titolare di una delle principali realtà italiane nella produzione e commercializzazione di uva da tavola.

“In un’annata normale le vendite delle apirene, varietà Sugraone, avrebbero già dovuto essere terminate. Invece siamo stati costretti ad allungare la campagna di vendita per rimanere competitivi e ricavarci fette di mercato. La speranza è che nelle prossime settimane finisca la pressione estera, a partire da quella spagnola, che anno dopo anno sta crescendo costantemente produzione e qualità, a partire proprio dall’uva seedless”. E in fatto di costi Giuliano porta un esempio concreto: attualmente se un cestino da 500 grammi di uva apirene in Europa la Spagna riesce a venderlo a 50 centesimi, l’Italia non riesce a stare sotto i 70 centesimi. “Sulle seedless comunque avremo la possibilità di recuperare con le medio-tardive”.

L’imprenditore barese analizza inoltre un altro fenomeno, scoppiato negli ultimi anni, che sembra quasi inarrestabile: la corsa da parte di molte aziende alla produzione di prodotto senza semi. Sull’argomento Giuliano avverte: “L’ascesa, quasi incontrollata, di questi ultimi anni dell’uva apirene, mi preoccupa. La concorrenza estera è molto alta, mentre i costi fissi che dobbiamo per forza sostenere, non si possono abbassare. Produrla è necessario e importante ma credo non abbia senso puntare eccessivamente e a tutti i costi sulla seedless”. Quindi “senza semi” sì, ma senza strafare.

Vi è stata una spinta sull’apirene eccessiva. Le “conversioni” vanno fatte gradualmente, non in un paio d’annate”, sottolinea Giuliano. “Il prodotto con seme non tradisce ancora – precisa – e addirittura in futuro potrebbe essere il vero valore aggiunto per l’Italia. All’estero l’apirene ormai è un must, ma in realtà solo nel Regno unito i consumi sono quasi tutti indirizzati sul senza semi. Negli altri mercati l’uva tradizionale continua a giocarsela, almeno alla pari.

Emanuele Zanini

emanuele.zanini@corriereortofrutticolo.it

 

 

Sull’uva da tavola ci sarà un ampio servizio sul prossimo numero del Corriere Ortofrutticolo, in distribuzione dalla settimana prossima

 

 

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