EXPORT STRADA OBBLIGATA PER L’ITALIA, MA SERVE AVERE PIÙ PESO A BRUXELLES

L’export rimane la strada obbligata per l’Italia dell’ortofrutta che però, per tornare competitiva con gli altri Paesi, Spagna in testa, deve essere più presente a Bruxelles, dove si prendono le decisioni che contano. E’ questo uno dei temi affrontati da Lorenzo Frassoldati, direttore del Corriere Ortofrutticolo, in un articolo pubblicato da Quotidiano Nazionale (Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno), con cui collabora.

Pubblichiamo qui di seguito l’articolo.

"C’è l’Expo in vista e l’Italia sta giustamente celebrando il record dell’export agroalimentare tricolore a 33 miliardi di euro. Merito delle nostre eccellenze agroalimentari però non dimentichiamo che la Germania, che ha meno eccellenze di noi però è meglio organizzata, esporta per oltre 50 miliardi di euro. In questi giorni sono usciti i dati della bilancia commerciale della nostra ortofrutta nel 2013: l’export supera i 4 miliardi di euro e il saldo attivo (differenza tra export e import) è di oltre 1,1 miliardi. Cifre importanti però 30 anni fa eravamo i primi esportatori d’Europa, adesso la Spagna ci dà 3-0 (esporta il triplo del nostro valore) e pur avendo le arance più buone al mondo (le varietà rosse) dobbiamo subire l’umiliazione di importare quasi il doppio degli agrumi che esportiamo.

Non è solo merito della maggior organizzazione commerciale degli spagnoli ma anche della loro più efficace presenza a Bruxelles, sfruttando al massimo regolamenti e contributi comunitari. Non basta sbattere i pugni (semmai l’Italia lo ha fatto), serve essere presenti con i propri dirigenti ministeriali e lobbisti là dove si prendono le decisioni che contano.

Ormai tutti hanno compreso che il tema dell’export è decisivo non solo per l’economia in generale ma per l’agroalimentare in particolare. E se brindiamo ai 5 miliardi che il nostro vino fattura sui mercati esteri, non va sottovalutato che dietro questo exploit ci sono gli ingenti contributi comunitari alla promozione sui mercati extra Ue, che per l’Italia valgono 100 milioni all’anno, cifra di cui nessun altro settore gode. Per questi motivi il dossier sulla promozione dei prodotti agroalimentari sarà forse il più delicato che il neoministro Martina dovrà affrontare oggi a Bruxelles.

La proposta della Commissione è in pratica un’elemosina: 61 milioni di euro, che diventeranno 200 milioni nel 2020 per tutti i Paesi e per tutti i prodotti (tranne il vino). Il fronte mediterraneo (si spera) darà battaglia, perché questi aiuti sono ossigeno prezioso per l’export europeo che si fa vanto della qualità e della salubrità dei suoi prodotti. Valori a cui sono poco sensibili gli eurocrati della Commissione, preoccupati solo di tirare la cinghia in nome dell’austerità finanziaria".

Lorenzo Frassoldati

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