RIMINI SI CONSOLIDA, MILANO NICCHIA INTERESSANTE. DUE SALONI DISTINTI, QUASI CONTEMPORANEI. SI PUÒ ANDARE AVANTI COSÌ?

Un ritorno all’antico – cioè alla tradizionale collocazione ai primi di maggio – è servito da cura ricostituente a Macfrut. Che in questa sua terza edizione riminese è cresciuto, si è arricchito di molte novità (tra cui un fuorisalone), si è consolidato lungo le due direttrici più volte annunciate dal patron Renzo Piraccini: innovazione e internazionalizzazione. È stata anche la prima volta dei due saloni dedicati all’ortofrutta in contemporanea: Fruit & Veg Innovation a Milano come costola di Tuttofood e Macfrut a Rimini. Una sovrapposizione temporale – di cui tanto si è parlato e che forse si poteva evitare – ma che non va intesa come una sfida o una prova di forza. I due saloni non sono concorrenti, né possono esserlo.

Macfrut è verticale sull’ortofrutta, dalle sementi alle tecnologie alle soluzioni per il retail. Il perimetro è solo e soltanto ortofrutta, dai campi al supermercato. E questa edizione 2017 ha confermato una potenza di fuoco organizzativa notevole, testimoniata anche dalla qualità espositiva degli stand, e dalle presenze estere sia come visitatori che come espositori. Presenti in forze i buyer della Gdo italiana. Sicuramente da migliorare la presenza delle catene europee e internazionali.

Fruit & Veg Innovation è una appendice (poco più di 80 espositori) di un grande salone. Una nicchia (un solo padiglione) nel gran mare del food, focalizzata sulla IV gamma, sulla frutta secca, sui berries, su tutte quelle soluzioni d’avanguardia che interessano Horeca, Gdo, industria alimentare. Nel suo piccolo ha funzionato, tant’è che Fiera Milano avrebbe deciso di confermare l’abbinamento a Tuttofood per il 2019. L’edizione 2018 dovrebbe svolgersi a Verona (in base all’accordo tra le due fiere) però non ci sono segnali di conferma in questo senso. Dovesse saltare l’edizione veronese (come accadde nel 2016 a Milano), sarebbe l’ennesimo autogol per una iniziativa che ha sofferto fin dall’inizio di un travaglio organizzativo che ha solo fatto il gioco di Cesena Fiera. Resta il fatto che, tirate le somme dei due saloni, la competizione (solo) temporale non ha fatto altro che mettere in difficoltà le imprese che in alcuni casi si sono divise fra Milano e Rimini, con dispendio di risorse ed energie. La contemporaneità dei due eventi ha indotto diversi grandi player del settore a non scegliere né l’uno né l’altro. Quando saltarono le trattative tra Milano e Cesena per fare un salone unico, si disse che erano state le imprese delle macchine/tecnologie a non volere lasciare la Romagna. Sarà stato così, però una soluzione di buon senso poteva essere trovata nell’interesse più generale del sistema. Invece si è preferita la prova muscolare, mentre la politica stava a guardare, abdicando al suo ruolo di tutela del sistema Italia. Però l’idea del salone unico – magari itinerante – riemerge negli auspici di tantissimi operatori, imprese, capi-azienda anche qui a Rimini. Magari sbaglieremo, ma andando avanti così porteremo solo acqua al mulino di Fruit Logistica (dove già siamo i primi contribuenti) e della emergente Madrid.

Mentre scriviamo Macfrut non ha ancora chiuso i battenti. Il primo giorno è partito abbastanza debole, giovedì la fiera era molto affollata, oggi (venerdì) tira aria di smobilitazione anticipata. È giusto così, anche Berlino è una fiera di poco più di un giorno. Aldilà dei numeri che saranno comunicati a consuntivo, non c’è dubbio che con questo Macfrut 2017 Rimini si conferma sempre più la fiera italiana dell’ortofrutta. Punto. Se invece vogliamo individuare la fiera dell’ortofrutta italiana, quella che guarda ai mercati esteri, la situazione è ancora confusa, frammentata, in progress. Difficile, al momento, fare a meno di Berlino o Madrid, anche se si affacciano in giro per il mondo (soprattutto Far East) appuntamenti nuovi come il Mac Fruit Attraction China, in novembre a Shanghai, frutto della joint venture tra Macfrut e gli spagnoli di Fruit Attraction. I saloni, gli eventi grandi e piccoli aumentano, i costi per le imprese pure. Spesso scegliere è difficile, soprattutto per chi non è così strutturato. Facendo un po’ più di sistema, giocando tutti nella stessa squadra, andando oltre le logiche di territorio e di campanile, fra l’altro si andrebbe incontro ad un’esigenza primaria delle imprese: far rendere al massimo il proprio investimento. È chiedere troppo? Forse sì.

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

l.frassoldati@alice.it

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