DRAHORAD: COOP E OP NON HANNO RILANCIATO IL SETTORE. FRASSOLDATI: COI FONDI OCM SI POTREBBE FARE MOLTO DI PIÙ

Torna a scriverci Rolando Drahorad: “Caro Lorenzo, bello veder pubblicati ed anche commentati (vedi news) i miei ragionamenti scomodi su export ortofrutticolo ed Alitalia. Conferma una volta di più la Vostra indipendenza e la tua competenza in materia. Devo però dire prima di ogni altra cosa che la mia è tutt’altro che un’analisi distruttiva dell’Ocm ortofrutta ma una critica di come viene speso il fiume di soldi (240 milioni nel 2017?) proveniente da Bruxelles. Tu però dai spesso un colpo al cerchio ed uno alla botte: scrivi della “devastante competizione fra rappresentanze storiche del mondo agricolo e del salvataggio di cooperative con soldi pubblici” ma chiedi ancora più aggregazione, ancora più cabine di regia (e non parlo di quelle del tipo Cso di Ferrara che sono un lodevole ed oculato impiego delle risorse). Raffronti le Op (Organizzazione Produttori) con gli operatori singoli dicendo che è sempre solo questione di uomini …senza ricordare che i primi nuotano con la corrente (il flusso di soldi) e gli altri contro. C’è invece una bella differenza!

Tant’è vero che gli esportatori, chi prima chi dopo, si sono messi oppure si stanno mettendo sotto l’ombrello del sistema formando essi stessi Op. Ultimo esempio l’accordo della Piraccini Secondo di Cesena con Apofruit. Il risultato è che i migliori manager di Op sono considerati quelli che riescono a portare a casa più soldi da Bruxelles dimenticando spesso che i veri risultati si ottengono sul campo, sul mercato. Se non erro l’Ocm indica fra gli investimenti prioritari la promozione sui mercati e non l’integrazione di ricavi. Ma quanta ricerca di mercato si fa? Quante pubbliche relazioni e quanta pubblicità si fa? Chi fa il famoso storytelling che sarebbe tanto efficace? Quanta frutta italiana vediamo quando visitiamo i punti vendita all’estero?

Marco Salvi, il presidente di Fruitimprese è davvero bravo, certo! Ma io al suo posto mi sarei dimesso dopo due anni per denunciare pubblicamente che a queste condizioni, anche con la massima buona volontà e la massima professionalità, non sono possibili risultati coerenti. E’ una lotta contro i mulini a vento con i risultati negativi che sappiamo. Ho conosciuto come operatore anche tutti i presidenti storici:  Ricci, Campanella, Agostini, Calcagni, Pizzoli e l’ultimo prima di Salvi, l’amico Peviani. Non sono riusciti a convincere la politica che l’indirizzo generale era sbagliato. Troppo forti sono stati gli interessi delle organizzazioni dei produttori che però, litigando fra di loro e spesso ostacolando anche il lavoro delle proprie cooperative o delle proprie Op, non sono riusciti a fare squadra nell’interesse comune e soprattutto dimenticando l’export. Ma le liquidazioni insoddisfacenti spingono produttori ad estirpare frutteti, ad abbandonare i loro organismi e presto questo filo potrebbe spezzarsi del tutto.

Eppure l’Italia proprio in questo momento ha alcuni assi nella mano e venti favorevoli che soffiano nelle nostre vele. Mi spiego: in Occidente i nuovi stili di vita favoriscono una nutrizione più sana e quindi con più ortofrutta; il mercato nazionale reagisce bene ai molti stimoli (vedi pubblicità in tv); i mercati lontani si aprono di più giorno dopo giorno (un’importante esempio il recente accordo Ceta con il Canada); la naturale biodiversità del paese accomunata alle politiche di sostenibilità; a livello globale una buona immagine dell’Italia in fatto di residui sotto controllo (incluso il biologico).

Senza aspettare che lo Stato faccia il suo dovere migliorando trasporti ed assistenza sul posto, basterebbe una forte concentrazione sul marketing vero: orientarsi al mercato studiandolo a fondo (ricerca) ed adeguando la produzione alle sue esigenze, attivare tutti (ma tutti) i canali di vendita ed informare i buyer ed i consumatori europei ed il commercio d’oltremare delle immense potenzialità  italiane attraverso investimenti significativi in promozione scientifica e tangibile (promozione non intesa come quella dei supermercati che la intendono spesso come riduzione dei prezzi).

Quando l’Italia primeggiava sui mercati di tutt’Europa tanti esponenti di ditte interessate sostavano per mesi sui mercati all’ingrosso esteri ed orientavano l’opera delle aziende in patria. In seguito gli spagnoli hanno sostituito gli italiani e da noi niente ha sostituito questo utile lavoro.

drahorad rolandoRiassumendo: c’è solo bisogno di triplicare il personale commerciale competente, visitare i clienti a casa loro non solo nelle fiere, facendo con calma domande dettagliate, innovare il prodotti secondo le indicazioni dei buyer,  liberare e premiare il rischio commerciale di chiunque e di investire in promozione e pubblicità. E’ richiesta una rivoluzione ma solo così si potrà aumentare il ricavo del produttore anche di 10 centesimi al kg o anche più al posto dei miseri zero virgola che possono provenire dai fondi dell’Ocm quando sono spesi male”.

Un abbraccio,

Rolando Drahorad

 

Caro Rolando, non stupirti della nostra indipendenza. Sta scritta nella nostra informazione quotidiana, sul giornale di carta ogni mese e nelle news on line diffuse ogni giorno. La nostra non è informazione orientata commercialmente, non scriviamo di questo o quello per compiacerlo e chiedergli poi pubblicità. Facciamo informazione e basta. Punto. Per questo siamo credibili e, se mi consenti, più autorevoli di altri. E possiamo scrivere in libertà di tutto e di tutti, e guardare tutti in faccia. La tua tesi è che gli aiuti pubblici all’ortofrutta sono stati una droga, che ha addormentato il settore, che ha minato la nostra capacità competitiva. Sei un po’ nostalgico (“quando l’Italia primeggiava sui mercati di tutt’Europa…”) però dici una verità sacrosanta quando chiedi più marketing, meno attenzione alla caccia ai soldi pubblici e più impegno nella conoscenza dei mercati. Il fiume di soldi dell’Ocm è stato speso malamente, è la tua tesi, e adesso siamo qui a combattere per pochi centesimi al chilo che fanno la differenza tra la vita e la morte di una impresa, di un prodotto, di un comparto. Gli spagnoli sono stati più bravi di noi, hanno gestito gli stessi soldi e adesso ci mangiano in testa, e fanno quasi tre volte il nostro export. Però mi risulta che anche loro combattono per qualche centesimo al chilo coi buyer della Gdo europea. Da noi manca la squadra, è vero, lo scriviamo da sempre. Siamo un paese di bravi ,capaci imprenditori ma anche di spaventosi individualisti. In Spagna hanno avuto manager più bravi, sicuramente, hanno saputo fare meglio lobby a Bruxelles, ma hanno anche avuto un sistema-paese che li ha aiutati. La Spagna a fare il ministro dell’agricoltura non mette dei personaggi impresentabili come è capitato da noi (5 ministri in 5 anni!). In Spagna hanno fatto sistema sulle fiere e in pochi anni hanno fatto decollare il salone unico di Madrid. Noi abbiamo messo in piedi una telenovela sull’asse Cesena-Milano-Verona e ci ritroviamo con due fiere quasi negli stessi giorni. In sintesi: in Spagna la politica fa la politica e il sistema paese ne trae beneficio. Da noi la politica sta a guardare…

Tu mi dai del ‘cerchiobottista’ nelle mie analisi. Accetto la critica ma dico anche che con la nostalgia dei ‘bei tempi passati’ non si va da nessuna parte. Dobbiamo prendere atto della realtà com’è e cercare di migliorarla. Insisto: sono gli uomini che fanno la differenza. Segnali positivi ce ne sono. Nascono poli produttivi in funzione aggregante, i migliori manager si fanno strada, i ‘finti’ manager vanno a casa. Si valutano sempre più le capacità dei singoli e non la loro appartenenza, la tessera che hanno in tasca. Le vere professionalità vengono a galla, magari troppo lentamente. L’ortofrutta dimostra sempre più di saper fare a meno della mediazione dei sindacati agricoli, come accade nel vino (ed è uno dei motivi del suo successo). La cooperazione che funziona è quella che adotta stili di gestione tipici del mondo privato…certo, coi soldi dell’Ocm (tanti, non c’è dubbio) si potrebbe fare molto di più , si potrebbe far crescere il sistema. Ma questo paese è un manicomio, la politica è allo sbando, l’agricoltura è in mano alle Regioni (quante sono, 20 o 21?), ognuno va per conto suo, il Governo centrale galleggia, l’attuale ministro fa sempre qualcos’altro: prima aveva l’Expo da seguire, adesso è il vicesegretario del Pd, cioè una bella gatta da pelare. Per far funzionare meglio le Op bisognerebbe trovare regole comuni più efficaci a livello nazionale e fare in modo che almeno le regioni del Sud (quelle che forniscono la massa critica più importante dell’ortofrutta nazionale) facessero sistema. Poi bisognerebbe anche che le due Unioni nazionali delle Op si fondessero. Qualcuno mi sa dire che ci stanno a fare due unioni nazionali che fanno esattamente lo stesso mestiere?

Un caro saluto

Lorenzo Frassoldati

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