ARRIVA (IN ANTICIPO) LA SOLITA CRISI DELLE DRUPACEE. MANCA UNA STRATEGIA NAZIONALE

Anche quest’anno è arrivata la crisi delle drupacee. Non diciamo è arrivata puntuale dato che dobbiamo registrare addirittura un anticipo. La crisi dei prezzi di pesche e nettarine (ci tocca aggiungere quest’anno anche le albicocche) si può ritenere endemica. Paradossale tuttavia constatare come la crisi di mercato non sia accompagnata da una crisi dei consumi. Consumi che quest’anno appaiono brillanti e in crescita, stante anche le elevate temperature che interessano gran parte della penisola. Che i consumi siano interessanti lo si è potuto vedere anche dai prezzi praticati al dettaglio. Prodotti (di splendida qualità) acquistati a 40 centesimi/kg si sono visti sugli scaffali della GDO a 2,50 euro/kg. Una ricarica da cartello di Medellin. Forse non è un comportamento corretto… ma è la dura legge del mercato, baby. Una legge certo difficile da scardinare.

In Francia, tanto per fare un esempio, sono almeno un paio di decenni che il legislatore cerca di arginare lo strapotere della Grande Distribuzione Organizzata. Nell’Esagono fin dagli anni ’90 con le leggi Raffarin e Galland è iniziato il testa a testa fra Stato/agricoltori e i giganti della GDO – erano gli anni del baffuto Josè Bovè, che ha insegnato agli agricoltori francesi a scaricare letame davanti ai supermercati. Ancora oggi il primo intervento del neo-presidente Macron sull’agricoltura è stata la proposta di convocazione degli Stati Generali di settore, coinvolgendo i distributori, al fine di evitare le speculazioni ai danni dell’agricoltura. Risultato di anni di impegno da parte di agricoltori e governo francese: si scarica ancora letame davanti ai supermercati – e si rovesciano i camion spagnoli carichi di pesche alla frontiera.

Dovrebbe apparire ovvio ai distributori che la speculazione uccide l’agricoltura e quindi uccide lo stesso territorio su cui il distributore vive e prospera. Forse però non conviene far di conto sul buon senso e la lungimiranza della controparte, che presumibilmente continuerà a comportarsi guidata (lecitamente) dalla mano invisibile del libero mercato. Si devono invece rilevare due fatti. Il primo riguarda la UE. Nell’ultimo decennio sono cresciute di molto le superfici a drupacee in Spagna anche a fronte del summenzionato endemismo delle crisi. Come dire che l’Unione Europea ha presumibilmente provveduto a pagare contributi per i nuovi frutteti iberici da una parte e dall’altra ha coperto (in parte) i risultati delle crisi di mercato negli altri Paesi. La domanda è: qualcuno a Bruxelles è capace di fare i conti calcolando il consumo medio continentale di pesche, nettarine etc.? La seconda riguarda il nostro Paese. Che continua a non avere una strategia nazionale (per la cronaca: gli spagnoli la hanno), a non avere un catasto ortofrutticolo, a non produrre indagini di mercato di prospezione strategica. Non esiste quindi una strategia per quanto riguarda i nuovi impianti, ovvero pare che ognuno faccia gli investimenti (oggi sempre più onerosi) e scelga la specie e la varietà confidando nel proprio naso, nella propria buona stella nonché ancora nella famosa mano invisibile. Una mano invisibile che, si creda, a volte appare maligna e viziosa.

Duccio Caccioni

opinionista

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