LA NUOVA VIA DELLA SETA SFIDA PER I PORTI ITALIANI

L’Italia, insieme a Grecia, Olanda, Israele, Turchia, è tra i Paesi interessati alla Belt & Road Initiative promossa dalla Cina per i collegamenti con il Mediterraneo e con l’Europa al fine di potenziare l’interscambio con le due aree. Della ‘nuova Via della Seta’ si è parlato a Bologna per iniziativa di Intesa San Paolo, in collaborazione con SRM (Studi Ricerche Mezzogiorno). Il grande progetto si basa sulla disponibilità della BRI (la Banca dei Regolamenti Internazionali) ad attivare tra i mille e i 1.400 miliardi di dollari di investimenti infrastrutturali per realizzare e rafforzare opere marittime, stradali, aeroportuali e ferroviarie. Per il momento sono stati individuati progetti portuali e aeroportuali sulla costa Sud ed Est del Mediterraneo per 27 miliardi di dollari. La Cina ha investito per ora 4 miliardi di euro in sei porti del Mediterraneo e del Nord Europa. Cosco, il gigante dello shipping cinese, di proprietà pubblica, ha deciso da tempo investimenti nel porto di Pireo per un miliardo e mezzo di euro.

Che prospettive in questo mega-progetto ha l’Italia? Che ruolo può giocare?

Secondo SRM, per la sua posizione geografica e la sua dotazione logistica e portuale l’Italia può rivestire un ruolo di primo piano. I porti italiani ospitano già rotte che coinvolgono Medio e Estremo Oriente. E la Cina, con un interscambio di oltre 27 miliardi di euro nel 2016, è uno dei nostri maggiori partner in termini di import-export marittimo.

 

“Il grande programma di investimenti Belt & Road Initiative, che prevede una via marittima ed un’altra via stradale-ferroviaria, permetteranno alla Cina di incrementare le relazioni commerciali con l’Eurasia ed in particolare con i Paesi del Mediterraneo – ha dichiarato a Bologna Tito Nocentini, direttore di Intesa Sanpaolo per l’Emilia Romagna -. Riteniamo che i tutti porti italiani possano giocare un ruolo importante in quest’ambito poiché l’Italia ha già ottime relazioni economiche con questo Paese e perché il mezzo principale con cui la Cina stessa interloquisce con il Mediterraneo è proprio quello navale. Il Governo italiano ha più volte incontrato rappresentanti della Cina a livello imprenditoriale ed istituzionale ed ha sempre menzionato i porti adriatici come via strategica per accogliere le navi che via Suez proverranno dall’Estremo Oriente. Ma sarà importante mettere a disposizione di un così imponente sistema commerciale una serie di porti efficienti per poter offrire alternative di sbarco valide per cui anche i porti adriatici dovranno farsi trovare pronti. Per non dimenticare i porti del Sud che possono essere il punto di approdo per le merci destinate al Centro-Centro nord. Bisogna lavorare dunque per migliorare le infrastrutture pensando che nel Mediterraneo esistono porti nostri competitor che non stanno certo a guardare e che su aspetti fondamentali, come dragaggio per le mega-navi, procedure doganali, aspetti amministrativi ed intermodalità, sono assai competitivi”.

“Il recente raddoppio del canale di Suez e gli investimenti cinesi sulla aprono prospettive di ulteriore rafforzamento del ruolo del Mediterraneo ed in particolare dei suoi porti”, ha  commentato Massimo Deandreis, direttore generale di SRM. “Dal rilancio della grande rotta verso Suez, Golfo e Asia tutti i porti italiani possono trarre vantaggi, compreso quelli dell’Adriatico, e l’Italia ed il Mezzogiorno possono davvero candidarsi a svolgere il ruolo di piattaforma logistica. Chiaramente i porti del Nord Italia hanno la funzione di gate di accesso ai mercati del Centro Europa e sono in diretta competizione con quelli del Nord Europa. Trieste, grazie all’elevata vocazione intermodale, alla sua efficiente rete di collegamenti e alla zona franca offre una via privilegiata verso l’Est e i mercati centroeuropei, ma tutto l’arco marittimo, adriatico-ionico-tirrenico, rappresenta la naturale porta di accesso che può servire tutto il sistema industriale italiano da Sud fino alla pianura padana. Tuttavia, per poter far fronte a questo fenomeno gli scali dovranno mettere in campo nuovi modelli di sviluppo che possano offrire non solo i classici servizi portuali. Bisogna recuperare il tempo perduto sui collegamenti ferrovia-porti, sull’intermodalità e su una logistica portuale più efficiente”.

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