IL CASO DELL’ESTRATTORE “JUICERO”: SIMBOLO DI INUTILITÀ

Il Juicero è esploso. Il caso dell’anno 2016 per il mondo ortofrutticolo si è rivelata una bolla. Riassumiamo i fatti: da Silicon Valley il fondatore Doug Evans (comparando se stesso a Steve Jobs) ha lanciato 16 mesi fa un estrattore di succo – capace di spremere con la potenza di 4 tonnellate e ovviamente connesso a internet. Il prezzo di ogni singolo estrattore era di 400 dollari – l’estrattore si poteva alimentare con sacchetti di frutta/ortaggi tagliati pronti all’uso, ovviamente posti in commercio dallo stesso fabbricante del Juicero. Le buste arrivavano prontamente a casa dopo l’ordine via web. Il successo è stato immediato soprattutto in borsa. La start up californiana ha infatti raccolto d’emblèe 120 milioni di dollari – e le vendite sono partite alla grande. Poi qualcuno si è accorto che il re era nudo – ovvero che la macchina era totalmente inutile. Un giornalista della Bloomberg News ha notato che bastava schiacciare fra le mani le buste contenenti la frutta e gli ortaggi per ottenere lo stesso risultato della “macchinona”. La connessione internet doveva rivelare la eventuale scadenza delle buste – che tuttavia era ben scritta sulle buste stesse ed evidente, a prova di babbeo. L’effetto della scoperta è stato un trauma e il Juicero negli USA è subito assurto a simbolo della inutilità di alcune innovazioni tecnologiche – e anche dell’effetto di distorsione della realtà del mercato finanziario. L’Evans era infatti diventato un caso di successo lanciato ed adulato da testate del calibro del New York Times – e torme di famelici investitori si erano lanciati nell’affare. Incipit del mese: nel mondo c’è quanto basta per le necessità dell’uomo – ma non per la sua avidità (Mahatma Gandhi).

Duccio Caccioni

opinionista

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