ARABIA SAUDITA NUOVA FRONTIERA PER L’UVA DA TAVOLA ITALIANA: “IMPORTANTI MARGINI DI CRESCITA”

Con una finestra di mercato ottimale che va da ottobre a dicembre ed un target di potenziali consumatori che attinge ad una popolazione di oltre 30 milioni di abitanti con un reddito medio procapite da 25mila dollari l’anno, l’Arabia Saudita, candidata a diventare il primo polo turistico mondiale entro il 2022, si rivela un’ottima piazza (e soprattutto vicina) per l’export dell’uva da tavola italiana anche perché garantisce quotazioni a scaffale che arrivano anche fino a sei euro al chilo.

“Semaforo verde per red globe e uve apirene con acini grandi” ha spiegato Giuseppe Lamacchia, direttore dell’Ice di Riyadh intervenuto ieri, in conference call, all’appuntamento barese dell’VIII Simposio internazionale dell’uva da tavola, nel quadro del convegno dedicato alla internazionalizzazione del comparto.

“L’Arabia Saudita è un Paese giovane dal momento che i consumatori con capacità di scelta (15-64 anni), rappresentano il 46% della popolazione ed è un target in continua crescita visto che l’incremento demografico viaggia a ritmi di 600mila abitanti in più all’anno. Un investimento su questo mercato è senza dubbio a lungo termine e può generare un indotto importante per tutta l’industria italiana vista anche la necessità di implementare la cold chain e in generale tutte le tecnologie della refrigerazione”.

L’approccio logistico è garantito dai servizi diretti sui porti di Geddah, nel Mar Rosso (raggiungibile in sei giorni), e Amman in Giordania, sul Mediterraneo, 18 giorni con interscambio modale su gomma o su rotaia. Da un punto di vista fiscale il governo ha annunciato di introdurre per la prima volta l’Iva al 5% a partire dal gennaio 2018.

“Da un anno a questa parte – continua Lamacchia – si registra un giro di boa nelle politiche governative. Il quarto Paese produttore di petrolio nel ranking mondiale infatti, sta lavorando con il programma Vision 2030, per diversificare i settori economici. L’agroalimentare è uno di quelli su cui si punta maggiormente. In questo contesto, i mercati all’ingrosso locali, fino ad oggi gestiti da aziende municipalizzate, si aprono ai capitali e ai prodotti stranieri con l’obiettivo di portare nel Paese know-how, tecnologia e qualità”.

Attualmente l’Italia è il quinto Paese fornitore di uva da tavola con una quota del 9% e un fatturato complessivo di 6,4 milioni di dollari ma i margini di crescita sono importanti. Al primo posto l’India (17% di quota e un volume d’affari di circa 12 milioni di dollari); il Cile (15% con 10 milioni di dollari); l’Egitto (14%, 9,8 milioni) e la Turchia (12%, 8,5 milioni).

“Gli operatori dell’Arabia Saudita – chiosa Lamacchia – chiedono forniture annuali e non stagionali. Per questo sarebbe meglio costruire un’offerta aggregata che possa andare oltre i tre mesi dell’uva con la proposta di altri prodotti come, ad esempio, carciofi, finocchi e broccoletti, molto richiesti. Un aspetto fondamentale è la cura costante dei rapporti con gli operatori locali siano essi importatori che catene della Gdo, anche attraverso visite periodiche durante l’anno o la partecipazione alle fiere di settore del Paese.

Mariangela Latella

Bari

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