È in itinere la modifica al disciplinare per la produzione di Melannurca per l’introduzione del diradamento chimico nel processo produttivo, mentre il casertano, cuore pulsante per la coltivazione di questo prodotto tipico campano, spinge in avanti la filiera puntando al raddoppio degli areali puntando a quota 1.400 ettari in cinque anni sul un totale regionale che oggi si assesta intorno ai 2000 ettari.
Lo rivela Giuseppe Giaccio (nella foto), presidente del consorzio Melannurca Campana Igp nonché titolare dell’Op Giaccio Frutta di Bellona in provincia di Caserta, specializzata nella produzione della mela certificata.
“Abbiamo chiesto al Mipaaf – spiega nel corso dell’edizione 2018 de ‘I protagonsti dell’Ortofrutta’ – una modifica del disciplinare per l’introduzione del diradamento chimico per ridurre i costi di produzione dal momento che permette di mantenere una certa costanza di produzione e frutta di qualità andando ad incidere sulla cascola dei frutti. Non bisogna guardarlo con diffidenza dal momento che è una tecnica agronomica largamente usata in agricoltura da almeno trent’anni e non presenta nessuna controindicazione. Contiamo di arrivare alla modifica nei prossimi due o tre anni”.
Per le sue proprietà organolettiche oltre che per le caratteristiche colturali che vengono tramandate da generazioni e che si basano tutt’oggi ancora molto sulla lavorazione a mano, la Melannurca rappresenta una delle eccellenze campane che soltanto da poco più di un decennio ha varcato i confini della distribuzione campana e laziale collocandosi nel segmento premium dei principali canali nazionali (70% mercati generali e 30% Gdo).
Da settembre scorso, intanto, sono sul mercato i nuovi farmaci Applemets Colesterolo e Applemets Hair che contrastano, rispettivamente, colesterolo e caduta dei capelli. Entrambi sono a base di Melannurca e sono il frutto di progetti di ricerca, avviati dal 2012 con l’Università Federico II e il Policlinico di Napoli.
Si assiste, insomma, ad un’impennata del mercato sia sui canali del fresco, anche per il settore della IV gamma, che su quelli dei trasformati. Un fenomeno che ha dato il via all’espansione degli areali specialmente nella provincia di Caserta che attualmente produce più del 70% dei volumi con circa 700 ettari produttivi e dove, tra cinque anni, ne entreranno in produzione almeno altri 700.
“L’obiettivo di ridurre gli alti costi di produzione – conclude Giaccio – ci ha spinto, inoltre, ad avviare un progetto di ricerca con il dipartimento di Agraria dell’Università di Portici per potere ottimizzare la fase di post raccolta ma anche quella precedente con il miglioramento delle cultivar attraverso la selezione di cloni autoarrossanti, ad esempio, l’adozione di forme di allevamento più contenute rispetto al vaso tradizionale e l’impiego di portinnesti clonali”.
Mariangela Latella