A MACFRUT IL SETTORE FA SQUADRA. MA BISOGNA FARLA SEMPRE ATTORNO AI TAVOLI CHE CONTANO

Nel Paese-manicomio dove nessuno è mai d’accordo con gli altri – e qualche volta neppure con se stesso – chi fa sistema è un’eccezione. Qui in Romagna nella terra dei campanili dove per non scegliere tra Forlì e Cesena hanno fatto la provincia di Forlì-Cesena (con trattino) Macfrut è l’eccezione, una bella eccezione. Per arrivare a questo grande Macfrut, coi suoi numeri da record, quarta edizione a Rimini, seconda edizione a maggio, è stato necessario un lungo e faticoso iter all’insegna del gioco di squadra, prima tra gli enti fieristici (da Cesena a Bologna, poi infine a Rimini), poi tra le città (Cesena e Rimini), poi con Ice e Regione Emilia Romagna. Il grande tessitore – Renzo Piraccini – ha fatto crescere la sua creatura fino a questa edizione 2018 che tiene insieme tutta la filiera, dalle sementi, alla produzione, alle tecnologie e al packaging, dove una robusta dose di internazionalizzazione si sposa con una vetrina delle innovazioni più avanzate in tutti i segmenti del settore. Vera vetrina nazionale di un made in Italy che si specchia nelle cifre record dell’export 2017, quei 5 miliardi che sono davvero un risultato incredibile se si considerano le turbolenze dei mercati internazionali, il perdurante embargo russo e lo scarso se non nullo appoggio al comparto da parte della politica nazionale e delle sue istituzioni (ministero in primis). Una fiera dove si fa squadra, non solo affari.

Alla recente assemblea di Fruitimprese, era riunito nella sala di un hotel romano tutto il mondo dell’ortofrutta, dalla cooperazione (Aci) alle Unioni nazionali delle Op, ai mercati generali (Italmercati) ai grossisti (Fedagromercati), dalle organizzazioni agricole fino al Cso. Lo stesso ‘sistema’ si ritrova dopo tre settimane qui a Rimini a conferma di una compattezza mai vista prima, come merita una grande fiera nazionale. Un sistema che si trova unito nella difesa di interessi comuni, nella pratica quotidiana, nella condivisione dei problemi (e delle soluzioni, quando ci sono) ma che vorremmo vedere all’opera anche attorno ai tavoli che contano, nella rappresentanza ‘politica’ di un comparto che ha bisogno di fare business, ma anche immagine, comunicazione, storytelling – come oggi si dice – cioè racconto di se stesso e dei propri valori. A volte fare sistema occasionalmente non basta; bisogna farlo sempre, a Roma, a Bruxelles, nelle occasioni che contano. Abbiamo lamentato tante volte l’assenza di una cabina di regia per la nostra ortofrutta, che faccia lobby, che si faccia sentire per smentire fake news e bufale mediatiche che tante volte circolano indisturbate danneggiando l’immagine del settore. Per questo il Tavolo nazionale aperto e subito chiuso al Ministero (per mancanza di governo/ministro) deve ripartire al più presto, perché i problemi sono qui che incalzano, a partire dalla prossima campagna estiva. Infine una annotazione a margine: per un Macfrut così scintillante ci vorrebbe un fuori-salone all’altezza. Rimini è città che può offrire tanto in termini di cultura, arte, enogastronomia, piacere di vivere. Va coinvolta di più, come succede a Verona per Vinitaly: serve un vero e proprio cartellone ‘Macfrut and the City’.

Lorenzo Frassoldati

direttore Corriere Ortofrutticolo

l.frassoldati@alice.it

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