LE BARRIERE FITOSANITARIE DEVONO DIVENTARE UN PROBLEMA ED UNA PRIORITÀ DELL’EUROPA

Aprendo alcuni eventi a Macfrut 2018, ho espresso il mio parere su due tematiche che giudico particolarmente rilevanti per il settore ortofrutticolo: il problema delle barriere fitosanitarie e la privatizzazione dei Mercati ortofrutticoli.

Riprendo queste due temi, partendo dalle barriere fitosanitarie.

Quando con il Trattato di Roma si gettarono le basi dell’Unione Europea fu deciso che questa avrebbe dovuto occuparsi di importazioni ma non di export, la cui titolarità, almeno in una prima fase, sarebbe rimasta agli Stati membri.

Le motivazioni di questa decisione sono comprensibili: alcuni grandi Paesi come la Germania ritenevano che il loro export – fatto di pochi ma settori molto forti –  avrebbe avuto migliori prospettive seguendolo direttamente rispetto alla delega ad una nuova entità che avrebbe dovuto tenere conto di tanti interessi. Il problema è che quella fase transitoria è ancora in vigore e la competenza dell’export è rimasta agli Stati membri.

In fondo non sono molte le competenze che sono state affidate alla UE e l’agricoltura è una di queste. Gli Stati membri hanno mantenuto l’autorità su gran parte delle altre attività: dagli affari esteri alla difesa, dall’economia alle politiche fiscali.

Ciò fa sì che si realizzi il paradosso che un Paese negozia con l’Unione Europea le proprie esportazioni, compreso il tema dei residui, mentre ogni nazione dell’UE è costretta a negoziare con le autorità del Paese importatore i protocolli per ogni prodotto.

Prendiamo il caso della Cina e delle mele Fuij importate in Europa. Una volta che le loro caratteristiche sono in linea con le procedure concordate tra UE e Cinastessa, le mele Fuij cinesi vengono importate in tutti i Paesi europei. Ma non vale il contrario: in Cina possono entrare dall’Europa solo mele francesi e polacche, gli unici due Paesi che hanno un protocollo sottoscritto con la Cina. Lo stesso succede per le pere, solo Belgio ed Olanda le possono esportare, o per le drupacee che sono autorizzate solo quelle spagnole, o per il kiwi ammesso solo quello da Italia, Spagna, Grecia e Francia o per gli agrumi, provenienti solo dall’Italia.

Il risultato di questa situazione è che l’Europa importa dalla Cina molta più ortofrutta rispetto a quella che esporta. Un vero paradosso!

Ma la domanda d’obbligo è: il problema è della Cina o dell’Europa?

Personalmente ritengo che il problema sia tutto nostro e delle regole che ci siamo dati che oggi penalizzano fortemente il nostro export. Nel commercio internazionale occorre governare sia la leva dell’export che quella dell’import e tenere conto del contesto in cui si sta negoziando. Della serie, io ti do se tu mi dai! Dovrebbero esserci rapporti equilibrati governati dal principio del do ut des.

Questa situazione è un vero collo di bottiglia per il settore ortofrutticolo e in generale per l’agroalimentare perché le barriere fitosanitarie rappresentano vere e proprie misure di protezionismo, spesso non troppo mascherate.

La soluzione è una sola: l’Unione Europea deve farsi carico del problema delle barriere fitosanitarie facendo valere il principio della reciprocità. Noi dovremmo chiedere loro di sottoporsi alle stesse regole che impongono a noi, considerato che nessun ispettore europeo va nei Paesi terzi a verificare le condizioni fitosanitarie prima di autorizzare le importazioni. È sufficiente che siano conformi alla normativa europea di import.

Ad esempio, prendendo sempre il caso Cina, per le mele e le pere, considerato che esistono già protocolli con Francia, Polonia, Belgio ed Olanda, questi protocolli dovrebbero essere estesi e far sì che anche gli altri Stati europei, come ad esempio l’Italia possano esportare in Cina.

Lo stesso deve valere per tutti i Paesi e per tutti i prodotti.

Già Cso Italy, nel suo ruolo tecnico, sta portando avanti questa richiesta a livello comunitario, chiedendo, insieme ad altri Stati membri, che l’Europa sia considerata come single entity da parte dei Paesi terzi con i quali deve negoziare e che sia applicato il principio di reciprocità. Per alcuni aspetti, il principio sta iniziando a passare, ma occorre un forte intervento e sostegno politico.

Pertanto, questa è senza dubbio una delle priorità che il nuovo governo dovrebbe affrontare con l’Unione Europea, consapevoli che il superamento di questa situazione potrebbe portare ad un consistente sviluppo del nostro export ortofrutticolo.

Tanto più che questa misura, per essere applicata, non necessita di risorse economiche ma di pragmatismo e di buon senso, virtù che negli ultimi tempi sembrano scarseggiare.

Renzo Piraccini

Presidente di Macfrut e Cesena Fiera

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