LA COLDIRETTI SUGGERISCE, DI MAIO SI ADEGUA. LA BOCCIATURA DEL CETA VA CONTRO LE REGOLE DEL LIBERO SCAMBIO

L’impegno assunto nell’assemblea di Coldiretti dal capo del movimento  5Stelle, Di Maio – che il governo “del cambiamento” non farà passare in Parlamento il “trattato scellerato” del CETA – oltre a essere un facile amo per i battimani della platea, viene contraddetto da tutte le prese di posizione (quelle qualificate) che sono seguite sulla stampa. Boldrighi, presidente del Grana Padano e dell’Associazione italiana  Consorzi indicazioni geografiche nel “Corriere della Sera” del 15 luglio ne auspica l’approvazione, sottolineando che le importazioni del Canada di prodotti DOP e IGP del settore lattiero caseario italiano sono aumentate nel 2017 del  5% e nel primo trimestre 2018 del 3,5%, contraddicendo così i timori del Presidente di Coldiretti, Moncalvo. Nello stesso senso si è espresso il presidente di Assolatte, Ambrosi, su  “Il Sole24Ore” del 14 luglio, affermando che la mancata approvazione da parte del nostro Parlamento del CETA: “E’ una follia”. Sarebbe una follia secondo Ambrosi perché, pur essendo non perfetto come tutti i compromessi, la mancata approvazione significherebbe cancellare otto anni di lavoro “…che hanno portato al riconoscimento di 11 nostri formaggi DOP e IGP più importanti, all’abbattimento delle barriere e all’azzeramento di dazi…”.  L’articolo di Federico Fubini, uno dei più noti giornalisti economici del “Corriere della Sera” nel giornale del 14 luglio si apre con il titolo “Se lo 0,91 per cento decide per gli italiani”, riferendosi alla facile uscita di Di Maio nella assemblea di Coldiretti dove sembra che gli interessi del solo settore lattiero caseario, contraddetti  dalle prese di posizione di Boldrighi e Ambrosi, facciano premio sugli interessi del Paese, considerato che tutte le esportazioni italiane verso il Canada sono aumentate nel 2017 di circa l’8%, con un aumento del fatturato per le imprese italiane di circa 400 milioni di euro e un prevedibile incremento di circa 8.000 posti di lavoro.

Ma lasciando da parte Di Maio, troppo impegnato  nella competizione mediatica con l’altro vice-presidente del Consiglio, Salvini, credo valga la pena fare alcune riflessioni sulla posizione di Coldiretti, che non da oggi è contro l’approvazione del CETA, tanto da scrivere nel 2017 una lettera a tutti i parlamentari italiani e da pubblicare un pamphlet contro il trattato con il Canada dove, oltre al solito timore per le nostre produzioni DOP e IGP, denuncia i pericoli per la salute  dall’uso di sostanze attive vietate nella UE, dimenticando che proprio il Trattato consente di bloccare l’importazione dei prodotti così trattati. Se poi i controlli in Italia non sono efficienti e sufficienti, questo è un altro problema!

In realtà, l’opposizione di Coldiretti al CETA deriva dal fatto che questa organizzazione  è contro le regole del libero scambio portate dalla globalizzazione. Partecipando il nostro Paese alla UE, non possiamo applicare delle barriere tariffarie, i dazi, all’importazione per cui la Coldiretti si oppone a ogni trattato bilaterale che possa mettere in discussione quelle non tariffarie, puntando soprattutto su quelle sanitarie che hanno un forte impatto sulla pubblica opinione.  In pratica, anche se Coldiretti non lo dice apertamente, le regole della PAC che hanno la sua approvazione sarebbero ancora quelle basate sui prelievi all’importazione e sui prezzi garantiti, non sulla riforma Fischler del 2003, che ha cancellato l’accoppiamento tra misure di sostegno e  produzione e che ha avviato la progressiva apertura del mercato alla competizione internazionale. Certamente è stata una politica che ha reso più difficile difenderci dalle crisi che sono seguite, ma sulla quale la UE non è tornata indietro puntando sugli aiuti al reddito, come strumento di stabilizzazione economica, e sugli interventi strutturali e organizzativi per aumentare la competitività dell’agricoltura europea. Anche la politica della Coldiretti di forte difesa e valorizzazione del made in Italy, certamente meritevole perché ha creato una nuova sensibilità nel consumatore, è portata avanti in questa chiave di protezione della produzione nazionale. Mi viene un po’ da ridere o da piangere, non so, quando sento il presidente di Coldiretti Moncalvo accusare che la produzione che arriva da altri Paesi gode di bassi costi di produzione, perché i lavoratori non godono delle tutela del nostro, dimenticando che la raccolta dei pomodori e della frutta nel nostro Meridione avviene, quasi sempre, da parte di quei disgraziati che vivono in condizioni sub-umane dimenticati dalle Istituzioni e anche dalle organizzazioni dei datori di lavoro. Compreso, forse, qualche coldiretto.

Corrado Giacomini 

economista agrario

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER
PER ESSERE AGGIORNATO OGNI GIORNO SULLE NOTIZIE DI SETTORE

L'iscrizione è quasi completata... Ora dobbiamo solo verificare il tuo indirizzo email, e per farlo ti abbiamo mandato un messaggio con un link di conferma.