I PROTAGONISTI CI SONO, DOV’È LA POLITICA?

È stata una festa, una grande festa questa settima edizione dei Protagonisti dell’Ortofrutta a Venezia. Un evento che ha raggiunto la sua maturità e che consente un momento di incontro al di fuori delle solite logiche stressanti di lavoro. Qualcuno dirà: c’è qualcosa da festeggiare? In effetti l’anno che si è chiuso e quello che si apre (come ho scritto sul numero di dicembre) non ci stanno dando buoni segnali sul fronte dei prezzi, dei consumi, dell’export. E neppure su quello dei rapporti con politica e istituzioni. Il settore continua ad essere preso sottogamba, mi pare, come figlio di un dio minore. Gli attori ci sono, si sono anche riuniti attorno a un Tavolo, ma c’è come l’impressione di girare a vuoto. Ci ripetiamo sempre le stesse cose e cresce la frustrazione di non riuscire a cambiare nulla. La scena mediatica ormai è presa da altri temi, si parla di sostenibilità, di biodiversità, di economia circolare, di grande bellezza dell’ortofrutta… per carità tutti temi importanti, degni di attenzione, ma mi sembra che stiamo volutamente parlando d’altro. Dov’è la grande bellezza se, come ha detto impietosamente Renzo Piraccini, le nostre clementine “sono quasi a rischio di estinzione visto che quest’anno tre chili di clementine italiane si vendevano sul mercato al prezzo di un caffè, causa una lacunosa attività di marketing, di brandizzazione, di monitoraggio del mercato”. Se importiamo il doppio degli agrumi che esportiamo. Se ormai dilagano nei market promozioni a 1 euro/kg, pardon 0,99? Se Belgio e Olanda stanno dando filo da torcere alle nostre pere e mele sul mercato tedesco, se una grande catena come Rewe i pomodori ciliegini ha deciso di comprarli tutti in Spagna tagliando fuori l’Italia? Se assistiamo inermi ai successi commerciali di Spagna, Polonia etc sui mercati lontani dove noi non possiamo accedere? Vedo (e leggo) che i responsabili freschi e freschissimi delle catene sono molto attivi sulla stampa e prodighi di consigli e rimproveri al mondo produttivo: le cose vanno male (e anche le catene perdono colpi e fatturato) “perché voi produttori non fate bene il vostro lavoro – questo il succo del discorso – perché siete disorganizzati e infine perché producete male: frutta e verdura sono meno buone di dieci anni fa perché si punta solo sulla quantità, sulla shelf-life, sulla facilità di raccolta e conservazione. Dove sono finiti i profumi, i sapori, i colori di una volta? Dovete fare più qualità ma al giusto prezzo”, questo il consiglio finale, che suona un po’ beffardo.

Primo perché la frutta acerba, insapore, standardizzata tante volte è così perché condizionata proprio dalle logiche della Distribuzione Moderna, secondo perché si chiede di fare più qualità ma a prezzi sempre bassi, in pratica un doppio anzi un triplo salto mortale. Facile rispondere che senza produttori che guadagnano la nostra ortofrutta chiude bottega, come la stanno chiudendo alcune filiere (pesche/nettarine, clementine) ormai in crisi cronica di prezzi e mercato. Con questo non voglio dire che tutte le catene sono uguali. Non c’è dubbio che dietro al boom del biologico, di IV e V gamma, della rivoluzione vegetale, dei prodotti di territorio e a marchio Dop-Igp ci sono politiche distributive illuminate che hanno fatto il bene della produzione, però il rapporto tra mondo distributivo e produttivo resta ancora troppo squilibrato e lontano da una reale partnership. Il presidente di Coop Italia, Marco Pedroni, si espone chiedendo una svolta in questo rapporto, “partendo dai bisogni dei consumatori per creare nuovo valore”. Quindi no alle aste a doppio ribasso, agli acquisti al prezzo più basso “che ignorano sicurezza e provenienza”. Benissimo. Di una reale partnership c’è bisogno, non di slogan da agitare ai convegni. L’Oscar dell’ortofrutta 2019 è stato consegnato da Salvatore Secondulfo (vincitore 2018) ad Annabella Donnarumma dopo un voto plebiscitario delle aziende presenti a Venezia (leggi news). Annabella è una donna-manager che compra 300 milioni all’anno di ortofrutta italiana per il gruppo Rewe, una paladina del nostro prodotto. Gli altri più votati sono stati Carmelo Cappello, pioniere di eccellenze orticole in Sicilia e il romagnolo Alessandro Annibali, protagonista del rilancio della noce in Italia. Il premio delle Donne dell’ortofrutta è andato a Mariapia Paolillo, specialista del finocchio trasformato in cosmetici naturali; il premio ‘Green Innovation– BPER Banca per la sostenibilità è andato a Walter Guerra, ricercatore di livello internazionale e direttore dell’Istituto di Frutticoltura di Laimburg, numero uno in Italia nella ricerca varietale sulle mele. Come vedete, tutti esempi di innovazione, di progetti positivi, vincenti, di cui il nostro Paese è ricchissimo, vanno solo conosciuti e valorizzati in una vetrina importante come quella dei Protagonisti. A Venezia è stata davvero una festa, con il contributo determinante di un Paolo Bruni in forma strepitosa, ma si è parlato anche di logistica, di mercati all’ingrosso e distribuzione, di Via della Seta, di biodiversità e sostenibilità, di porti, di fiere, di pratiche sleali, di Pac. Unendo contenuti e piacevolezza dello stare insieme, con leggerezza, com’è nel nostro stile. Ancora una volta l’evento dei Protagonisti dell’ortofrutta dimostra che le energie ci sono, i buoni progetti pure, la voglia di innovare anche. Ma serve una politica nazionale che esca dagli slogan improvvisati, dai luoghi comuni, dalle frasi fatte, dal parlare d’altro, per porsi davvero il primo problema che attanaglia il settore: la perdita di competitività delle sue imprese. Se non affrontiamo questo nodo ormai da troppo tempo irrisolto raccontiamoci pure la grande bellezza, la frutta sexy, la verdura miracolosa, possiamo inventarci tutti gli slogan del marketing che vogliamo, ma rischiamo una reale marginalità sui mercati che contano.

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

l.frassoldati@alice.it

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