PICCOLI FRUTTI, RADDOPPIATI I CONSUMI IN 10 ANNI. ECCO COME GESTIRE IL BOOM

I consumi mondiali di piccoli frutti in dieci anni sono raddoppiati con un valore che è passato da 600 milioni di euro nel 2005 a 1,3 miliardi nel 2015. Un trend che vede per l’Europa, il Regno Unito e la Germania ai vertici. Entro il 2020 è previsto un ulteriore raddoppio dei consumi rispetto al 2004. Per esempio le esportazioni spagnole verso l’Inghilterra nel 2010 ammontavano a circa 100 milioni di euro, nel 2015 ad oltre 250 milioni.

Per quanto riguarda la produzione, dati aggiornati al 2017, la Cina è il Paese con i maggiori volumi, a 3,8 milioni di tonnellate, mentre l’Italia è al 14esimo posto. Per quanto riguarda più nello specifico le varie tipologie di berries la Russia è al primo posto per il lampone (150 mila tons), l’Italia è al 22esimo posto. Per il mirtillo i maggiori produttori sono gli Stati Uniti (240 mila tons), l’Italia è al 14esimo posto. I Paesi europei maggiori esportatori di frutti di bosco sono la Spagna, la Grecia e la Turchia, con questi ultimi due orientati principalmente verso il mercato russo.

Sono alcuni dei dati forniti in occasione del primo convegno nazionale sui piccoli frutti organizzato da Sant’Orsola al Villaggio dei Piccoli Frutti della sede di Pergine Valsugana (Trento), in cui è stata analizzata la situazione della produzione e del consumo nazionale ed internazionale del settore, in costante e tumultuosa crescita, nonché l’evoluzione del mercato.

L’identikit della società Sant’Orsola è stato tracciato da Gianluca Savini, agronomo specializzato, responsabile della consulenza tecnica dell’azienda.

Oggi la Cooperativa produce piccoli frutti mediante i propri associati o in partnership in sette delle dieci regioni italiane dove si coltivano e detiene la leadership nazionale del settore. Può contare su circa 830 soci che forniscono l’intera gamma ovvero lampone, mirtillo, fragola, fragolina di bosco, mora e ribes rosso, cui si aggiungono kiwi arguta e ciliegia. La produzione riesce a coprire l’arco dei 12 mesi. La società controlla l’intera filiera: lavora per il miglioramento genetico in campo sperimentale, cura vivai e fornitura delle piante, organizza corsi di formazione e di aggiornamento, fornisce assistenza tecnica in campagna con uno staff di 14 agronomi e possiede e controlla i centri di conferimento della frutta. Garantisce per intero il metodo della produzione integrata e le migliori condizioni degli impianti mediante coperture mirate. Obiettivo: garantire qualità e salubrità della frutta, dai campi ai consumatori.

Da sinistra: Matteo Bortolini, Silvio Bertoldi e Fabio Rizzoli

Sant’Orsola è diventata anche un caso di studio in Italia da quando ha introdotto una sostanziale innovazione per l’uso micronizzato e computerizzato dell’acqua nel settore fragole. È riuscita a tagliare del 25 per cento l’uso dell’acqua d’irrigazione negli impianti e ad aumentare contestualmente del 18 per cento la produzione rispetto ai sistemi tradizionali. È in grado di risparmiare circa 60.000 metri cubi di acqua all’anno pari al consumo medio di 300 famiglie. L’attività continua mirata al miglioramento genetico le consente di produrre il 90 per cento di lamponi mediante proprie selezioni.

Dal professore Bruno Mezzetti (Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche), è stato fatto il punto sulla ricerca, l’innovazione e la coltivazione dei piccoli frutti a livello nazionale ed internazionale.

La coltivazione dei piccoli frutti è in costante crescita ovunque grazie alle novità varietali introdotte, derivate, ad esempio, da selezioni, dall’uso della biotecnologia, dagli studi sulla fisiologia delle piante ed dallo sviluppo dei sistemi di coltivazione. Fondamentale ovunque oggi è la collaborazione tra ricerca privata e pubblica. La frontiera sta ora nella continua espansione dei terreni dove si piantano nuove cultivar ad alta adattabilità per climi differenti e nello sviluppo di sistemi a basso impatto ambientale a garanzia di sempre maggiore e crescente sicurezza alimentare e qualità a beneficio dei consumatori.

L’euforia dei mercati per il trend sempre crescente dei consumi di piccoli frutti rivela però degli squilibri rischiosi. Dunque il mondo dei piccoli frutti deve costruire una visione su tutta la filiera, come Sant’Orsola ha realizzato. Il trend di crescita mondiale è a rischio se il settore non si dà delle regole. Ad esempio, l’eccesso di produzione del mirtillo in Spagna ha visto il dimezzarsi nel giro di pochi anni degli ettari coltivati, passati da 12.000 a 6.000. I picchi di produzione incontrollata fanno precipitare i prezzi, la diversificazione e gli investimenti per sfuggire alla stagionalità possono essere dei rimedi.

Il settore vivaistico

Grazie anche alla crescita esponenziale dei consumi, anche il settore vivaistico è in forte espansione: in Italia, Germania, Olanda e soprattutto Spagna. In Europa 50.000 ettari sono ora piantati per la sola fragola e grossi investimenti sono in corso in Spagna, Italia, Franca, Olanda, Polonia, Grecia e Turchia.

Considerando la pressoché incontrollata crescita della produzione di piccoli frutti, il professore Bruno Mezzetti ha indicato alcuni settori di intervento come prioritari: coltivazione integrata ovunque come obiettivo minimo, interventi nel rinnovamento genetico anche per lampone e mirtillo, meccanizzazione della raccolta ove è possibile, puntare a varietà che garantiscano qualità, salubrità e valori nutrizionali alti, tenendo conto che esistono ormai soluzioni per la difesa della pianta a basso impatto ambientale.

“Il futuro non è più quello di una volta”, ha assicurato con un pizzico di ironia il professore Daniele Fornari, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. E’ direttore del Centro di ricerche su Retaling &Trade Marketing. Al centro del suo intervento al convegno, le nuove dimensioni dei consumi, precisando in apertura che negli ultimi anni è iniziata un’epoca complessa, incerta, quasi caotica. Ha fornito valutazioni ricavate da ricerche empiriche effettuate dall’Università assieme a gruppi industriali del settore alimentare. In calo l’andamento delle vendite agro-alimentari, sia a valore che a volume. Dal quasi 8 per cento delle prime e 6,6 per cento delle seconde nel decennio 1990-2000 allo 0,2-0,3 del 2008-2018 al 0,4-1,1 dei primi quattro mesi del 2019. Pesa il decremento delle nascite, pesano i cambiamenti degli orientamenti, dei modi di pensare, valutare e scegliere verificatisi nelle ultime generazioni. Ciò produce effetti di vario tipo, cui si aggiungono la maturità di certi mercati ed il declino di altri, la calante efficacia del lancio dei nuovi prodotti.

La performance registrata nelle vendite dei frutti di bosco è invece in costante crescita. Il giro di affari in volumi è passato dal 24,3 per cento nel 2015 al 26,2 per cento del 2018, nonostante il perdurare della pesante crisi economica italiana.

 

Nella foto di apertura, da sinistra: Fabio Rizzoli (manager San’Orsola), Daniele Fornari (prof. Università cattolica del Sacro Cuore), Gianluca Savini (agronomo), Silvio Bertoldi (presidente Sca Sant’Orsola), Matteo Bortolini (direttore generale Sant’Orsola Sca), Bruno Mezzetti (prof. Unversità Politecnica delle Marche)

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