ALTRE TASSE? MA SIAMO MATTI. UN’EMERGENZA DIETRO L’ALTRA TRA CIMICE ED EXPORT IN DECLINO. MODELLO ROMAGNA IN CRISI

I primi passi della ministra Bellanova sono apprezzabili. Ha parlato di competitività, internazionalizzazione e filiere efficienti: perfetto, sono i temi cruciali anche per l’ortofrutta. Però…dai primi passi del governo giallo-rosso (dove, ricordiamolo, la Bellanova non è un ministro come gli altri ma la capo-delegazione del partito di Renzi, quindi con una stelletta in più sulla giacca) arrivano segnali contrastanti. Se c’erano due cose che il neonato governo Conte bis non doveva fare almeno nei primi mesi erano nell’ordine: non riaprire i porti agli sbarchi e non parlare di tasse. Sugli sbarchi non è qui la sede per parlarne. Sulle tasse invece il richiamo della foresta della sinistra-sinistra ( Leu è al governo e il Pd si appresta a far rientrare D’Alema, Bersani & C) è più forte di tutto: siamo qui a riparlare di tasse, sia pure con l’alibi dell’ambiente o dell’edilizia scolastica o di altre buone cause). Tassare merendine o bevande zuccherate mi sembra ai limiti del ridicolo. Le imprese (Federalimentare) sono insorte. Per ricavarne quanto poi? Mi sembra una operazione tutta in perdita, poco lucro, tanto danno emergente. Poi non eravamo noi quelli che combattevano le etichette a semaforo per segnalare i cibi poco salutari, se non dannosi? Quanto al taglio delle agevolazioni per il gasolio agricolo, sta insorgendo tutto il mondo produttivo. Parliamo di competitività delle imprese, poi alziamo i prezzi del gasolio? E’ roba da matti.

Venendo all’ortofrutta le emergenze si accumulano. La prima è la cimice, su cui il ministero si sta muovendo grazie anche all’attivismo dell’assessore emiliano-romagnolo Simona Caselli. Piove sul bagnato perché i danni da cimice aggravano una situazione di mercato già molto difficile per le pere. “Siamo sull’orlo del baratro” è l’appello di Paolo Bruni a nome del mondo produttivo (leggi news). Servono fondi nazionali e magari comunitari, su cui la Bellanova si sta muovendo. Intanto ricordiamo che per l’emergenza latte di pecora a favore dei pastori sardi furono trovati velocemente alcune decine di milioni (e adesso i pastori stanno tornando in piazza). Poi c’è l’export in forte declino, l’internazionalizzazione, la competitività… Qui bisogna riaprire il Tavolo nazionale e riprendere in mano le priorità che erano finite nelle nebbie ministeriali. Fra l’altro il nuovo ministro degli Esteri ha riassunto in sé le deleghe del commercio estero. Può lavorare d’intesa con Agricoltura e Sviluppo economico per aprire i mercati lontani che sono chiusi per noi (ma non per i nostri competitor europei, Spagna, Polonia, ed extra- Ue vedi Cile). Fra le emergenze segnalo anche la storia dei trattamenti post raccolta per patate e pere su cui il ministero (regnante Centinaio) manco aveva risposto alla lettera di Mercuri, Salvi, Agripat ecc. I problemi di conservazione già stanno venendo fuori.

Il dossier di Nomisma sulla Romagna è davvero preoccupante. Non solo per i numeri impressionanti (in 10 anni perso il 19% di export di frutta fresca e il 76,5% fra ortaggi e cereali), per la conferma dello strapotere spagnolo nell’export non solo in Europa ma anche in Italia, per la continua perdita di superfici e prodotto (-51% nettarine, – 54% pesche, -25% pere) ma per il ‘valore’ della Romagna come distretto dell’ortofrutta, sempre più forte nelle macchine e tecnologie e sempre più in declino nel prodotto fresco (tranne le albicocche che crescono dell’80%, forse fin troppo). Ha ragione un romagnolo verace e autorevole come Giancarlo Minguzzi che ha detto: il declino c’è, inutile negarlo, ma guardiamo avanti, non c’è altra strada che alzare il livello qualitativo (e programmare meglio le produzioni, aggiungo io). Servono scelte di prospettiva, lavorare di sistema tra mondo produttivo, OP e istituzioni. Ma mentre scrivo queste righe, mi viene in mente lo spettacolo sconcertante/deprimente dei giorni scorsi quando per l’emergenza cimice il mondo agricolo si è mobilitato da separati in casa, con Coldiretti da una parte e Agrinsieme con la cooperazione dall’altra, un giorno i primi dal prefetto e gli altri in piazza, e il giorno dopo viceversa. Neppure di fronte a una epidemia che mette a rischio la frutticoltura di intere regioni, si trova la forza di muoversi unitariamente… ma come siamo messi?

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

l.frassoldati@alice.it

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