PERE, MANCA PRODOTTO: LO SCENARIO EUROPEO A FUTURPERA

In Francia mancano 100mila tonnellate di pere. Il calo produttivo delle aziende agricole d’Oltralpe (che a consuntivo si assesta intorno al 10% contro il 14% delle previsioni), e in genere di tutti i principali produttori europei, rende particolarmente dinamico e appetibile il mercato per gli esportatori italiani, olandesi, belgi, spagnoli e portoghesi e, nel futuro prossimo, anche quelli dalla Grecia, che, a detta degli esperti, sta iniziando a scaldare i motori.

E’ quanto è emerso nel corso della seconda giornata del World Pear Forum in programma questa mattina a Futurpera a Ferrara, dove Vincent Guerin, dell’associazione dei produttori di pere francesi (ANPP) ha precisato che la produzione di quest’anno, circa 120mila tonnellate di cui 100mila destinate al mercato del fresco e il resto alla trasformazione, lascia insoddisfatta la metà della domanda del consumo da tavola.

“La Francia – ha spiegati Guerin – consuma 200mila tonnellate di pere. Ne manca la metà sicché non siamo autosufficienti e, per questo, importiamo da Belgio, Italia, Olanda, Portogallo e Spagna lasciando, su questa china, insoddisfatta la richiesta dei nostri consumatori di prodotto nazionale ed in particolare regionale che sono ricercati perché garantiscono in etichetta determinate caratteristiche sanitarie e ambientali che ormai abbiamo consolidato nel prodotto francese. Quest’anno siamo in una stagione in cui i buyer chiamano le organizzazioni di produttori e chiedono prodotto e noi non sappiamo cosa rispondere perché manca”.

Un clima di mercato che si rivela estremamente favorevole per le esportazioni e che rivela uno scenario di vendite facili e prezzi interessanti a differenza del mercato tedesco, dove dominano i discount e dove le quotazioni delle pere (e in genere dell’ortofrutta) stanno subendo una progressiva erosione.

“Le nostre produzioni – precisa Guerin – sono prevalentemente incentrate sulla varietà Williams, mentre la Conference sta perdendo quote di mercato anche in relazione al suo minore grado zuccherino contenuto”.

La Conference peraltro sta perdendo terreno anche in termini di volumi, seguendo i trend di quest’annata da cancellare. Nei principali Paesi che la producono, ossia Belgio e Olanda, anche per via del calo generalizzato dei volumi (-20% in tutt’Europa su tutte le varietà) ha registrato cali intorno al 10%.

“Il Belgio – ha affermato Marc Evard di BFV, Belgian Fruit Valley – ha subito una contrazione dei volumi di Conference dell’8% e, guardando alla media degli ultimi cinque anni, la perdita è stata del 5% con giacenze al primo novembre di appena 150mila tonnellate, pari al 15% in meno sul 2018. La qualità, per contro è migliore con frutti di seconda categoria che si assestano intorno al 25-30% della produzione totale. Siamo partiti male ma confidiamo che da gennaio si andrà meglio”.

Questa inversione di tendenza attesa, dipende dal fatto che, nel frattempo, i Paesi maggiormente colpiti dal calo dei volumi, come l’Italia, termineranno anche le giacenze chiudendo la campagna in anticipo sul calendario.

“Abbiamo iniziato la raccolta con la metà delle pere disponibili – spiega Luca Granata, deus ex machina del Consorzio Opera -. Quello che stiamo facendo per tamponare le conseguenze di questa annata negativa, è di lavorare per garantire il migliore servizio possibile ai nostri migliori clienti anche se il maggior prezzo che riusciremo a spuntare non compenserà le perdite. Per fare un esempio, a novembre abbiamo avuto lo stesso livello di giacenze di febbraio scorso, ossia di fine campagna, per questo già sappiamo che la campagna terminerà con diverse settimane di anticipo. Per il futuro, nessuno ha la sfera di cristallo anche se è ragionevole attendersi che, per il prossimo anno, si possa tornare su livelli produttivi normali”.

Nonostante la mancanza di prodotto, i prezzi non decollano anche perché c’è una saturazione del mercato europeo dal momento che i produttori belgi e olandesi – che prima erano orientati alla Russia, si ritrovano, dal 2014, a dovere piazzare i loro quantitativi sulla piazza comunitaria dove peraltro il primo acquirente, la Germania, gioca pesantemente al ribasso con la distribuzione ormai dominata dai discount che trovano, nell’accresciuta competizione europea, pane per i loro denti. Sugli scaffali tedeschi le pere hanno raggiunto il prezzo di 90 centestimi al chilo. “Un altro fattore con cui il settore pericolo a corto di prodotto, deve misurarsi – ha spiegato Wim Rodeburg, di Groenten Fruit Huis -, sono i boom produttivi della frutta concorrente ossia mele e kiwi che, anche per i maggiori volumi sono più ompetitivi quest’anno”

In controtendenza con tutti gli altri Paesi, la Spagna registra un incremento dei volumi dell’8% (pari incremento anche sulla varietà conference a fronte di una perdita di quota di mercato della blanquilla, la tradizionale spagnola, del 28% in meno) e raggiunge quest’anno le 311mila tonnellate di pere anche se, spiega Juan Serentill Rubio di Fepex/Afrucatm – abbiamo problemi con lo stoccaggio la cui capacità si è ridotta del 3% dal momento che ad agosto e settembre i nostri magazzini sono ancora pieni di pesche e nettarine”.

Mariangela Latella

Ferrara

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