CIMICE, UN’ECATOMBE. I DATI CSO: 267 MILIONI DI DANNI SOLO PER LE PERE

Gli ingenti danni provocati dalla cimice asiatica sono ormai noti a tutti i livelli della filiera pericola, ma quale è la diffusione dell’insetto e quali sono le ultime novità in termini di difesa? Il tema è stato affrontato nel corso dell’ultimo convegno del World Pear Forum a FuturPera, con un occhio rivolto alla sperimentazione sulla vespa Samurai (Trissolcus japonicus) un parassita naturale che, come ha annunciato l’assessore regionale dell’Emilia Romagna Simona Caselli durante il Salone, si sta già allevando e verrà rilasciata la prossima primavera, per cercare di contenere il fenomeno già nel 2020.

Sul palco del Forum si sono alternati esperti e ricercatori e tutti concordano sull’esigenza di contenerla attraverso una strategia che integri diversi strumenti: monitoraggio, difesa chimica, difesa biologica, dunque l’utilizzo di antagonisti e nuove sperimentazioni molto promettenti.

Primo intervento del convegno quello sull’andamento generale della pericoltura italiana a cura di Elisa Macchi, direttrice del CSO Italy. “Il 2019 è stato un anno sicuramente difficile – ha detto la Macchi – perché ai problemi climatici si sono sommati i gravissimi effetti della cimice asiatica e della maculatura bruna, che hanno finito per decimare come mai visto in precedenza le produzioni italiane. Parliamo di danni che nel Nord Italia e solo per le pere si attestano su 267 milioni di euro e una perdita occupazionale in tutto il comparto valutata in oltre 337.000 giornate/uomo. Per il prossimo triennio è possibile effettuare una proiezione della potenzialità produttiva dell’Emilia Romagna che stante le attuali condizioni al 2022 potrebbe posizionarsi sul -10% rispetto al dato attuale, con un’ulteriore perdita di 1.700 ettari nei prossimi 3 anni. Per questo le strategie di difesa contro cimice e maculatura bruna sono più che mai essenziali” (leggi news).

Le relazioni sulle possibili strategie di difesa contro la cimice sono iniziate con l’intervento di Lara Maistrello del Dipartimento di Scienze della Vita (Unimore), che ha messo a fuoco la diffusione della cimice e le sue particolari modalità di riproduzione. “Le cimici asiatiche – ha spiegato la Maistrello – si riproducono richiamando la femmina attraverso vibrazioni del substrato, utilizzando quelli che sono i cosiddetti “feromoni di aggregazione”. Interferire con questo meccanismo potrebbe essere una strada interessante per impedirne la moltiplicazione. In questi anni abbiamo studiato anche i suoi antagonisti naturali, già presenti in campo, come una specie di imenottero, l’Anastatus bifasciatus, sui quali si stanno facendo diversi studi e che potrebbe rappresentare una possibilità interessante di contenimento biologico”.

Anche Luca Casoli del Consorzio Fitosanitario di Modena e Reggio Emilia ha spiegato le attuali strategie per debellare il fenomeno in Emilia – Romagna e gli studi sui parassiti naturali, già presenti in campo.

“La lotta alla cimice può avere una qualche efficacia solo se prevede una strategia integrata territoriale, che utilizza tutti i mezzi attualmente a disposizione. Mezzi che sono sicuramente il monitoraggio, per capire come si muove la cimice e come si disloca nel frutteto. Poi la difesa insetticida, che molto dipende dal tipo di infestazione e dalle caratteristiche del frutteto e le reti che, come sappiamo, non sono totalmente efficaci perché la cimice è dannosa in tutti gli stadi evolutivi, dunque anche quando può passare attraverso le reti. Presi singolarmente, dunque, tutti questi elementi hanno dei limiti, ma se integrati in maniera corretta e mirata, possono contribuire al contenimento del fenomeno”.

Una speranza per il contrasto alla cimice arriva dalle strategie di difesa attualmente attuate in Piemonte per il nocciolo. Luciana Tavella del Dipartimento Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (UniTO) ha spiegato l’importante lavoro svolto per contenere la cimice su una delle colture più importanti del Piemonte, dove peraltro nel 2013 è stato rilevato il primo danno da cimice su una nettarina.

“Anche noi, come i nostri colleghi stiamo studiando le dinamiche di accoppiamento – ha detto la Taverna – perché dopo lo svernamento risponde immediatamente ai feromoni di aggregazione e quindi esce per colonizzare le colture e in quel momento si può pensare di catturarle. Se si riesce a intercettarle si può ad esempio trattare il bordo del frutteto per impedire la sua entrata. In Piemonte, visti i gravi danni subiti nel 2017, abbiamo costituito l’”Osservatorio cimice asiatica” che ha fatto un eccezionale lavoro di monitoraggio che ha consentito di emanare bollettini di diffusione e definire trattamenti mirati sul nocciolo. Questo ha consentito di passare dal 70-80% di danni del 2017 al 4-5% del 2018. Ora stiamo studiando ancora meglio la cimice e una speranza arriva sicuramente da uno studio sulle sue uova. Appena nasce la cimice, infatti, riesce a sopravvivere perché rimane sull’ovatura, dove ci sono un particolare tipo di batteri che la tengono in vita. Questi possono essere debellati con sostanze naturali come acido citrico e rame, dunque una lotta che può integrare quella chimica”.

Il convegno del World Pear Forum si è concluso con una tavola rotonda di confronto tra Stefano Cocchi di Agrintesa; Albano Bergami, vicepresidente Oi Pera/Op Diamantina; Stefano Boncompagni del Servizio Fitosanitario della Regione Emilia – Romagna, Lorenzo Tosi di Agrea e Gabriele Zecchin del Servizio Fitosanitario Regione Veneto. Ha moderato l’incontro Giannantonio Armentano dell’Informatore Agrario.

 

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