UVA PUGLIESE TRA NUOVE VARIETÀ E POLEMICHE SUI BREEDERS. “INDISPENSABILE IL RINNOVAMENTO VARIETALE”

“Attenzione a delegittimare ricerca e innovazione. La Puglia ha bisogno di nuove varietà, specie di quelle senza semi, per avviare il processo di rinnovamento del comparto uva da tavola che, nella maggior parte dei casi si sta avvicinando al fine vita dei vigneti. Se perdiamo questo treno, rischiamo di essere esclusi dal mercato”.

Così Massimiliano Del Core, presidente di Grape & Grape Group, commenta gli ultimi sviluppi delle presunte querelle giudiziarie che si stanno verificando in Puglia tra agricoltori, commercianti e breeders, nate sulle questione relative a produzioni brevettate e prodotte illegalmente, senza il pagamento delle relative royalties.

Alcuni produttori spingono sul fatto che i contratti dei breeders operanti nel settore dell’uva di tavola avrebbero profili di natura anti-concorrenziale ed effetti distorsivi sul mercato ma il rischio, se i breeder lasciano il campo italiano per l’elevata litigiosità, è quello di un rallentamento del rinnovo del comparto proprio in un momento cruciale del mercato.

Massimiliano Del Core

Quali sono le sue preoccupazioni, presidente Del Core?

“Temo che possa passare un’informazione errata che punisca le logiche dell’innovazione varietale. È giusto che chi investe in ricerca sia remunerato e non ha senso pensare che sia sostenibile per il mercato un sistema anarchico in cui chi vuole pianta quello che vuole. Chi demonizza le royalties trasmette un concetto sbagliato”.

Ma sul fronte dei contratti capestro denunciati dai produttori?

“Questo è un altro paio di maniche e attiene alla trattativa commerciale. Alcune condizioni contrattuali effettivamente sono particolarmente vincolanti ma possono essere riviste e rinegoziate. Ma produrre illegalmente non è la soluzione e fino ad oggi, le sentenze dei giudici sulle questioni giudiziarie in corso, si sono espresse nei fatti a favore dei diritti dei costitutori. Non vorrei che questo si traduca in un effetto boomerang sul mercato. Non possiamo permettere che in questo momento la ricerca e la trasmissione dell’innovazione al territorio pugliese rallenti o si fermi del tutto”.

In che senso?

“È importante che il comparto uva da tavola pugliese accetti, in qualche misura, almeno fino a che non abbia un’altrettanto valida alternativa, le innovazioni trasmesse dai breeder californiani. Dobbiamo inevitabilmente rinnovare i vigneti che sono vecchi e sempre meno produttivi. E dobbiamo farlo con varietà che incontrino la domanda del mercato. Ma se gli facciamo la guerra rischiamo di allontanarli dal nostro territorio a vantaggio di altri poli produttivi importanti come quello del Cile o del Sudafrica o, più vicini, anche della Spagna e della Grecia che sta crescendo molto”.

A che punto è il processo di rinnovamento del comparto di uva da tavola pugliese?

“Abbiamo circa 36mila ettari e al momento quelli coinvolti da processi di rinnovamento varietale sono solo il 20%. Servirebbe, invece, che nei prossimi anni si arrivasse almeno al cinquanta e cinquanta anche perché la maggior parte dei vigneti, da qui a cinque anni, arriverà a fine vita per vetustà delle piante che sono sempre meno produttive”.

Quali sarebbero le conseguenze?

“Che rischiano di saltare persino i piani distributivi in corso non solo sui mercati esteri ma anche quello italiano”.

Teme delle ripercussioni anche sul fronte dell’attività di ricerca di Grape&Grape?

“Al momento non registriamo nessun problema. Noi chiediamo solo la remunerazione della ricerca e poi le varietà che sviluppiamo diventano libere sul mercato anche perché abbiamo scelto di tenerci lontani dalla logica dei club di prodotto proprio per avvantaggiare i nostri produttori. Ma noi siamo piccoli rispetto a quei colossi, e soprattutto all’inizio del percorso. Allo stato attuale non possiamo pensare di fare a meno dell’innovazione che arriva dall’estero”.

In che modo la ricerca di Grape&Grape ha inciso, fino ad ora sull’innovazione del comparto pugliese?

“Nel 2019 abbiamo venduto altri 100 ettari delle nostre varietà Apulia, Luisa e Fiammetta e dal 2016 siamo arrivati ad un totale di otre 400 ettari in tutta la regione. Ma il rinnovamento degli impianti deve riguardare almeno 15mila ettari in pochi anni”.

Avete un piano B per il caso in cui la ricerca non proceda alla velocità richiesta dal mercato?

“Se il territorio comincia ad essere miope e confuso, rischia di non riuscire a recuperare la competitività persa per strada. Potrebbe essere utile, per accelerare il processo di innovazione, fare gruppo con gli altri centri di ricerca pugliesi come Italian Variety Club e Nuvaut,  ma avendo quest’ultimo una forte partnership pubblica, il discorso potrebbe essere un po’ più complesso. Quando avremo la massa critica necessaria si potrà eventualmente anche iniziare a parlare di brand e programmi. Ma per fare questo, noi che siamo innovatori, dobbiamo essere accolti dal territorio e non respinti”.

Mariangela Latella

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