NOCCIOLE, LA SICILIA PUNTA AD UN CONTRATTO DI FILIERA. LA PALLA A REGIONE E MINISTERO

Matteo Florena è un siciliano d’altri tempi, profondamente legato alla sua terra, alle sue culture e alle sue tradizioni. Nella conduzione della sua azienda agricola omonima, non ha voluto voltare le spalle ad una coltura tradizionale dei Nebrodi e della sua famiglia ma diffusa anche lungo le pendici dell’Etna e sui monti Peloritani: la corilicoltura.

Per questo 10 anni fa si è messo in testa di creare un progetto di filiera corta che metta insieme tutti i produttori, piccoli e grandi, della Regione e i trasformatori, quattro o cinque quelli più grandi.

Finalmente dopo dieci anni è arrivato, otto mesi fa, alla firma di un vero e proprio contratto di filiera su cui hanno trovato la convergenza i principali player della corilicoltura siciliana.

I prossimi passi adesso sono il riconoscimento del contratto di filiera da parte della Regione, l’apertura di mercati esteri e la nomina, sempre da parte della Regione Sicilia, di un rappresentante regionale che sieda al tavolo per la corilicoltura appena costituito dalla ministra per l’Agricoltura, Teresa Bellanova presso il Ministero delle Politiche Agricole e forestali.

In un’accorata intervista esclusiva per il Corriere Ortofrutticolo, grazie al raccolto di Matteo Florena, che tutti chiamano ‘il professore’, riusciamo a ripercorrere i paesaggi della corilicoltura siciliana che si intrecciano inevitabilmente con la storia dell’isola, i suoi costumi e i suoi sapori.

Matteo Florena

“Ci abbiamo messo un po’ a sviluppare questo progetto – ci spiega con voce ferma e cordiale, quella di uomo d’altri tempi – perché non è facile mettere insieme tante teste. Consideri che tra piccoli e grandi produttori di nocciole, in Sicilia siamo un migliaio di aziende agricole per circa 10mila ettari solo sui Nebrodi ed altri diecimila sparsi sulle altre alture della Regione. Ma sono sempre stato fiducioso e alla fine questo accordo è stato firmato. Almeno sulla carta. Adesso per partire occorre il riconoscimento regionale”.

Quali varietà coltivate?

Sono diverse. Sulle colline siciliane è facile incontrare aziende agricole che hanno il loro noccioleto. Anche solo qualche albero. Questo dimostra le profonde radici storiche che ha questa coltura nel territorio. Per questo il progetto serve non solo a rinnovare il progetto di commercializzazione delle nocciole che oggi, a quanto pare, stanno risorgendo a nuova vita. Il nostro lavoro è anche frutto di un legame affettivo con il paesaggio dei Nebrodi che per noi, in Sicilia, rappresenta un’eccellenza unica e fa parte della ricchezza della nostra tradizione. Pensi che la corilicoltura qui ha più di 150 anni. Per questo vogliamo abbinare alla coltivazione in sé e per sé anche degli itinerari turistici.

Di che si tratta?

Percorsi che permettano di rappresentare il frutto e contemporaneamente i valori che questo porta con sé, abbinando l’attività agricola al turismo.

In che modo?

La visita ai noccioleti dovrebbe condurre anche a dei circuiti e a degli itinerari che diventano interessanti se ancorati e arricchiti dalle testimonianze culturali che si trovano in queste zone come ad esempio le cattedrali del Settecento, una serie di avvenimenti storici, di cui alcuni sono parte del folclore locale, il paesaggio stesso e tutti i monumenti sopravvissuti all’incuria del tempo.

Dalle sue parole si percepisce il suo grande amore per la sua terra…

“Pensi che, qui sui Nebrodi, che siamo a 630 metri sul livello del mare, ci affacciamo su una vallata che finisce direttamente sul tirreno. All’orizzonte vediamo Alicudi, una delle isole Eolie. Al tramonto spesso si irradia una linea rosa sulla linea del mare che sembra che sollevi l’isola per portarla chissà dove”.

Quanta poesia… Ma per spingere sulla commercializzazione e sul valore aggiunto oggi occorre innovare. Avete idee al riguardo?

“Abbiamo un progetto di rinnovamento colturale testato su 5mila ettari e curato dall’Università di Palermo insieme a quella di Torino. È stata coinvolta anche la Banca del Germoplasma di Ucria che punta a recuperare le vecchie varietà locali, selezionarle e cercare di collocarle nei territori più adatti. Penso che in Sicilia ci sia spazio per una nuova era della Corilicoltura”.

Quanti altri ettari potenziali sarebbero disponibili, oltre ai 20mila già coltivati?

“Almeno altri 5mila”.

E per quanto riguarda i progetti di export?

“Io, personalmente, con la mia azienda agricola, guardo alla Cina ma altri produttori sono interessati, ad esempio, al Sudamerica. L’importante, per affrontare il mercato globale, è ricompattarsi, aggregarsi. Quello che manca in questo settore è una voce italiana unica”.

La ministra Bellanova ha da poco costituito un tavolo corilicolo, pensa che sia uno strumento idoneo per creare questa voce unica auspicata?”

“Certamente ma attendiamo, non senza avere inoltrato varie sollecitazioni, che la Regione nomini il dirigente incaricato a sedersi a questo tavolo che ancora non c’è”.

Mariangela Latella

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