BIO, VENDITE IN CRESCITA IN GDO: VALGONO QUASI METÀ DEL MERCATO

Supermercati sempre più centrali nelle vendite di prodotti biologici. A confermarlo e sottolinearlo è l’ultimo report di Focus Bio Bank 2020. I dati elaborati sono quelli raccolti da Bio Bank dal 1993 per i negozi bio e dal 2001 per la Gdo, fino al 2019. Poco prima che la pandemia battesse alle porte del Pianeta e delle nostre case. Come tutta risposta, nel 2020 le vendite di prodotti biologici sono in crescita dell’11%.

I punti vendita della grande distribuzione a guardare i numeri dello studio, in dieci anni sono diventati forza motrice delle vendite del settore. La loro quota, infatti, è salita dal 27% al 47% sul totale del mercato interno tra supermercati, specializzati, altri canali e ristorazione. I negozi specializzati, invece, sono scesi dal 45 al 21%. Un vero e proprio testacoda. Le vendite di alimenti biologici nella Gdo sono stimate in 2 miliardi di euro nel 2020. Ma rallenta il ritmo di crescita: +2% nel 2019, +5% nel 2020, mentre negli anni precedenti si viaggiava a due cifre, con punte fino al 43%. Parallelamente continua a crescere anche il numero di prodotti bio a marchio della grande distribuzione, passati dai 4.300 del 2018 ai 4.700 del 2019, segnando un +8%. Anche in questo caso in frenata rispetto ai quattro anni precedenti. Restano 26 le catene censite. Nel 2019 è entrata nel rilevamento Leader Price, con una dote di 65 referenze a marchio Leader Price Bio, ma è uscita Auchan, acquisita da Conad. Confermate le prime tre catene: Coop con 750 referenze bio a marchio, seguita da Esselunga con 485 e Pam Panorama con 366. Solo nove catene hanno meno di 100 referenze e si tratta in gran parte di discount. Sono 8 le catene censite con alimenti equosolidali presenti nelle proprie marche. Avanzano anche le marche della cosmesi bio o naturale, presenti in 11 catene. Una crescita frenata dalla mancanza di una normativa europea e dalla scorciatoia facile del prodotto un po’ più “verde” ma non certificato.

Specializzati: cresce l’aggregazione

Sul versante specializzati le vendite si stimano a 924 milioni di euro nel 2020, segnando un deciso +8%. Sono 1.339 i negozi bio rilevati da Bio Bank nel 2019 (-1%). Sembra quindi rallentare il fenomeno delle chiusure. Ma resta comunque elevato il turnover, con più di 200 negozi in entrata e altrettanti in uscita. A gettare la spugna sono soprattutto i piccoli negozi che hanno fatto la storia del biologico, mentre crescono quelli con superfici oltre i 150 metri quadrati. Nel 2019 i negozi legati alle catene scendono per la prima volta dal 2011, attestandosi al 42%, in gran parte per la razionalizzazione in atto nelle reti Cuorebio e NaturaSì e l’acquisizione di Biobottega e Piacere Terra, passati a NaturaSì. Si concentra così ulteriormente il già ristretto panorama delle catene specializzate in Italia. Sono invece il 35% del totale i negozi indipendenti aderenti ai programmi promozionali: Ki Ama Bio di Ki Group e Come Voglio Bio di BiotoBio. I negozi aggregati (catene e programmi promozionali) sono arrivati quindi al 77% del totale. A conferma che in un mercato sempre più competitivo è difficile salvarsi da soli.

Riaffermare la bio-identità

E non è solo questione di numeri. Ma soprattutto del ruolo e del peso che il bio ha assunto nelle strategie e nella comunicazione della Gdo. Quello che più colpisce, anche guardando a ciò che accade in altri Paesi europei, è la capacità della grande distribuzione generalista di fare propri i temi chiave del bio. La scommessa è sulla capacità dei negozi di riscoprire la propria vocazione originaria: comunicare la storia e i valori del biologico, il legame privilegiato con i produttori e la conoscenza dei prodotti. Nei negozi specializzati l’esperienza d’acquisto deve avere un sapore identitario, riconoscibile, autentico. Ma il canale storico, che rappresenta questo mondo al 100%, fatica a ricalcolare la sua posizione per riaffermare il proprio ruolo guida e la propria bio-identità.

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