COVID, LA RICETTA “ANTI-CRISI” DI CONAD

La morsa del Covid non molla e questa seconda ondata non è una buona notizia per il settore della IV Gamma che sta ancora leccandosi le ferite dopo la debacle causata dalla prima.
Per Alessandra Manzato, group category manager di Conad (nella foto), la partita adesso, in piena pandemia, si gioca sul presidio della categoria e sul cercare di rafforzare il legame con i cosiddetti ‘heavy user’ ossia i consumatori abituali.
“In un momento in cui la convenienza gioca un ruolo importante causa la riduzione del potere di acquisto delle famiglie – spiega Alessandra Manzato –, dobbiamo tener conto del fatto che i discount stanno guadagnando terreno. Non stanno più facendo pure politiche da discount, hanno ampliato l’offerta di freschissimi e, grazie all’offerta ridotta rispetto ai supermercati permettono di fare una spesa completa con un tempo di permanenza in store piuttosto basso. Un altro fattore importante che ha assottigliato la linea di discrimine tra supermercato e discount è il rallentamento della vendita assistita che ha subìto una flessione a favore di prodotti confezionati e take away, vista la necessità di fare una spesa più veloce e sicura”.
 
– Avete dei progetti di category management per il settore di IV e V Gamma?
“Nell’immediato non possiamo pensare di invertire la tendenza che vede il settore perdere terreno. Dobbiamo dare tempo a questa emergenza di risolversi e, nel frattempo, per arginare il calo vendite, dobbiamo evitare che gli users si allontanino dalla categoria. La promozione è uno strumento tattico per mantenere un presidio sulla categoria ed evitare che perda penetrazione. In parallelo, una strategia su cui Conad ha puntato molto è l’operazione di posizionamento che abbiamo chiamato ‘bassi&fissi’.
 
– In che consiste?
“Bassi&fissi è un’operazione attraverso cui Conad vuole essere vicino ai bisogni dei suoi clienti e della comunità. Identifica un paniere corposo di prodotti di uso quotidiano, con prezzo basso, conveniente e continuativo. Vengono evidenziati a scaffale. Nei mesi di lockdown, questa strategia ha ulteriormente confermato il proprio successo e, su questa scia, ora la stiamo implementando con nuove referenze”.
 
– Qual è la sua logica?
“In questa fase emergenziale, la gente vuole stare in negozio il minor tempo possibile. Questo si traduce in comportamenti di acquisto in cui il cliente, se da un lato vuole essere rassicurato, d’altro canto vuole scegliere in poco tempo prodotti che conosce, di cui si fida e che allo stesso tempo sono convenienti di modo che non deve fare altro che prenderli e metterli nel carrello. Quando ritorneremo ad una situazione di normalità, ricominceremo a lavorare sull’innovazione e a segmentare l’offerta sulla base dei valori importanti per il consumatore. Rimarrà fondamentale il bisogno di essere rassicurato attraverso la tracciabilità della filiera”.
 
– A cosa si riferisce?
“Al nostro Percorso Qualità, che garantisce controlli su tutta la filiera. Tutta la MDD di Conad nella IV Gamma è Percorso Qualità”.
 
– Che incidenza ha la private label sulla IV Gamma?
“Vale il 62%, ma l’obiettivo è farla crescere ancora”.
 
– Come evolverà il vostro rapporto con i fornitori, una volta finita l’emergenza pandemica?
“Ai fornitori di marca industriale, chiederemo in fase post-Covid di lavorare sull’innovazione, sul prodotto, di modo da completare l’offerta della private label con mix particolari o con la risposta ad alcuni specifici bisogni alimentari, o ancora, con la promessa di un prodotto legato al territorio”.
 
– E per quanto riguarda il bio di IV Gamma?
“Oltre alle 30 referenze di IV Gamma che abbiamo a marchio Conad, ci sono 6 referenze bio. Ma abbiamo in mente, anche qui, ulteriori sviluppi di modo che la private label presidi tutte principali categorie dell’assortimento. Poi c’è il tema trasversale della sostenibilità…”
– Tema molto vasto…
“Si può fare in tanti modi diversi. Lavorando sul packaging, sull’impatto ambientale e in ambito sociale, ad esempio privilegiando fornitori e prodotti italiani. Se si riesce a valorizzare agli occhi del cliente questi passaggi, è un modo di creare valore aggiunto sulla categoria. Sul filone della sostenibilità si stava lavorando anche prima del Covid e il cantiere non è chiuso ma in continuo work in progress”.
 
– Avete dunque allo studio progetti sulla private label di IV Gamma?
“Ci sono dei progetti, anche in fase avanzata. Riguardano lo sviluppo di formati più grandi. Si tenga presente che la nostra rete si sta evolvendo e stanno entrando metrature che elevano quella media degli store Conad che è di circa 700 metri.”
 
– Si riferisce all’operazione Auchan?
“Sì. Con negozi più grandi, servono assortimenti più profondi e il formato più grande entra anche in questo ragionamento. Stiamo lavorando a formati da 500 grammi per i mix di insalata e per i mono a quelli di 200 grammi. Aumentando i formati ci sarà necessariamente un discorso di maggiore convenienza dl punto di vista del rapporto euro/kg.”
 
– Alcune regioni italiane sono state chiuse perché dichiarate zone rosse. E la lista sembra pronta per essere estesa. Quali criticità comporta per la vostra rete?
“I nostri fornitori non ci hanno mai abbandonato ma, a conclusione di un processo avviato prima dell’emergenza Covid, abbiamo appena acquisito un altro paio di supplier per la IV Gamma di modo da garantire comunque una continuità di fornitura e gestire al meglio la situazione di emergenza. Avere un parco di fornitori più ampio, inoltre, ci aiuta a compensare le difficoltà che possono emergere nelle zone critiche come quelle rosse dove potrebbero presentarsi più problemi ad evadere ordini”.
 
– L’Europa ci chiede di portare la produzione bio al 25% entro il 2030. Ma se guardiamo la sproporzione tra quanto adesso l’Italia produce, mediamente il 15%, e quanto si trova sugli scaffali, si crea un’idiosincrasia di mercato in cui la bilancia del prezzo potrebbe fare da discrimine penalizzando alla fine i maggiori sforzi dei produttori.
“L’incremento della quota di vendita del bio non si può fare alzando il suo prezzo. In IV Gamma come in tutte le categorie, occorre avere un premium price che deve essere corretto rispetto all’offerta di base. Bisogna ragionare in un’ottica di crescita della domanda, di fidelizzazione della domanda e di fissazione del prezzo corretto. Con questo non voglio dire che il bio vada svenduto ma non si può neanche posizionarlo verso l’alto altrimenti il rischio è quello di penalizzarlo anziché supportarlo. Anche sul bio siamo pronti a lanciare una nuova referenza MDD, ma stiamo cercando di capire quando sarà il momento giusto”.
Mariangela Latella
 
(fonte: Freshcutnews.it)

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