PRATICHE SLEALI, INDUSTRIE E GDO DANNO LA LINEA. ADESSO SPETTA AL MONDO PRODUTTIVO FARSI SENTIRE

Legalità e concorrenza. Sono i temi (qualche anglofono direbbe i ‘driver’) che hanno ispirato l’intesa cordiale tra Grande distribuzione (Federdistribuzione, ANCC-COOP, ANCD-Conad e ADM), industria di marca (Centromarca), IBC (Industrie Beni di Consumo) e industria del food (Federalimentare) in vista del recepimento in Italia della direttiva UE 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare (leggi news).

L’intesa, da noi anticipata già la scorsa settimana (leggi news) è certamente importante per le ricadute che avrà per il comparto produttivo, con l’ortofrutta in primo piano. Marco Pedroni, numero uno di Coop Italia, nel nostro webinar sulla Farm2Fork della scorsa settimana, ci aveva anche anticipato che in questo accordo bisogna coinvolgere le organizzazioni professionali dell’agricoltura, prima di metterlo in mano ai decisori politici. Intanto però bisogna prendere atto che è stato sottoscritto soltanto da industria e distribuzione. Si tratta di “suggerimenti”, che però per l’autorevolezza e il peso economico dei contraenti non possono essere disattesi. Industria e distribuzione mettono le mani avanti, tracciano la strada, danno la linea, ben conoscendo quanto il mondo agricolo sia frammentato e litigioso, spesso inconcludente.

Libera e leale concorrenza e il rispetto della legalità sono i due principi portanti dell’accordo (che va letto nel testo integrale, qui). La libera e leale concorrenza sta ovviamente più a cuore alla GDO, ma anche alle industrie; mentre il rispetto della legalità è la giusta ossessione della ministra Bellanova, che non perde occasione per chiedere di porre fine alle pratiche del sottocosto, alle svendite, alle promozioni stracciate, alle aste che distruggono il valore del prodotto e alimentano l’illegalità nelle campagne.

Leggendo il testo si coglie l’intreccio dei temi che interessano da vicino ai due sottoscrittori dell’intesa: le norme si applicano “a tutti i soggetti della filiera senza limiti di fatturato, in un contesto di reciprocità, quindi di tutela sia dei “fornitori” che dei “clienti” di tutti i comparti interessati”. Va comunque salvaguardata “la libera contrattazione nella definizione dei contenuti commerciali e finanziari della relazione, evitando di burocratizzare i rapporti, fermo restando il rispetto di tutte le norme di legalità”. Nella fase istruttoria va garantito l’anonimato “sia del denunciante che del denunciato, garantendo al contempo un pieno diritto alla difesa”. Le sanzioni ci vogliono “ma tali da non compromettere la continuità delle imprese e il loro equilibrio economico.” I controlli vanno affidati “ad un soggetto autonomo e superpartes, dotato delle risorse adeguate e in grado di garantire le necessarie condizioni di competenza, autonomia e terzietà”. L’ex-Repressione frodi (oggi ICQRF) lo può essere? Ha risorse e personale adeguato? Poi l’intesa suggerisce la necessità di una sede di conciliazione delle vertenze, per chiudere rapidamente procedimenti che altrimenti potrebbero durare oltre ogni ragionevole misura.

E’ chiaro, evidente e lampante che con questa intesa industria e distribuzione (ma resta un interrogativo: i discount sono coinvolti?) hanno piantato paletti e bandierine attorno ai temi di loro interesse. Il mondo produttivo viene citato solo laddove si dice che è importante dare “certezza al lavoro degli operatori delle filiere agroalimentari a partire dalle imprese del mondo agricolo, soprattutto in questo tempo di forti difficoltà scatenate dall’epidemia da Coronavirus”. Per creare valore dal campo alla tavola dei consumatori servono “la collaborazione tra i diversi soggetti, la ricerca comune dell’efficienza, l’accorciamento della filiera”.

Spetta adesso al mondo delle imprese agricole, private e cooperative, mettere i loro paletti, rendere più stringenti queste dichiarazioni di principio, dare concretezza a queste belle frasi sulla collaborazione, l’efficienza e l’accorciamento della filiera (che è già abbastanza corta, a quanto ci risulta). L’abbiamo qui ripetuto più e più volte: la GDO non è tutta uguale, tutta ‘cattiva’, come rappresentata in certe inchieste televisive faziose e partigiane. Però tutta la GDO, anche quella più responsabile, tende a chiedere le mani libere nella determinazione dei prezzi e nelle trattative, nella politica delle promozioni e dei sottocosto,  forte di una posizione contrattuale, di uno strapotere che finora nessuno ha insidiato o limitato. Basta guardare i prezzi: mai così bassi in campagna, mai così alti sui banchi dei market. La politica dei “bassi e fissi” la paga sempre il fornitore. Così è stato finora. E’ qui che il mondo produttivo organizzato deve farsi sentire, senza nascondere la testa sotto la sabbia, come troppe volte è capitato in passato. Salvo poi lamentarsi (“non ci considerano, siamo un comparto di serie B…”) a cose fatte, quando i buoi sono ampiamente scappati dalla stalla.

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

l.frassoldati@alice.it     

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