FARM TO FORK, STUDIO USA: “L’UE RISCHIA DI PERDERE IL 12% DELLA PRODUZIONE AGRICOLA”. LETTERA DELLE COOPERATIVE

Se la strategia From farm to fork verrà applicata così com’è, nel 2030 nell’Unione Europea si sarà perso il 12% della produzione agricola e i prezzi dei generi alimentari cresceranno del 17%. I dati, tutt’altro che rassicuranti, arrivano da uno studio dell’Usda, il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, preoccupato per la sorte delle sue esportazioni agricole verso la UE. A riportarlo è un articolo de Il Sole 24 Ore di oggi.

Ma la vera domanda, si chiedono gli agricoltori europei, è perché un’indagine cos’ non è ancora stata fatta dall’Unione stessa, per vedere se gli obiettivi a dieci anni di riduzione dei pesticidi del 50% e di aumento del biologico al 25% sono raggiungibili nel concreto oppure no.

Un conto insomma è la visione, sottolinea il “Sole”, un conto la messa a terra. Nessuno nega l’importanza della sostenibilità, gli agricoltori europei dichiarano di volersi impegnare a essere sempre più sostenibili. Purché il prezzo della sostenibilità ambientale non li metta fuori dal mercato. Da queste considerazioni ne è nata una lettera-manifesto, che è stata indirizzata a tutte le principali istituzioni europee – come la Commissione, il parlamento, il Dg Agri – ed è stata firmata dalle associazioni agricole cooperative di sei Paesi: Italia, Spagna, Francia, Germania, Polonia e Belgio. I primi tre Paesi da soli, rappresentano il 77% di tutta la produzione ortofrutticola europea.

Questa lettera costituisce la prima critica circostanziata alla strategia dellla Farm to Fork da parte delle categorie produttive direttamente interessate e contiene tutta una serie di indicazioni molto concrete di cui bisognerà tenere conto quando sarà il momento di tradurre questi principi in un regolamento europeo vero e proprio. Molti gli spunti contenuti nel documento. I pesticidi, per esempio: per poterne utilizzare il 50% in meno, occorre avere a disposizione delle alternative green, peccato che la ricerca su questo è ancora indietro: “Si ha come l’impressione che si stia diffondendo come opinione diffusa l’idea che gli agricoltori trovino soddisfazione a comprare agrofarmaci e pesticidi, inquinando l’ambiente”, sostiene al Sole 24 Ore Davide Vernocchi, coordinatore ortofrutta di Alleanza delle cooperative, che oltre ad essere firmataria e anche l’associazione protavoce del manifesto. “In realtà – prosegue – come produttori siamo i primi a non voler usare pesticidi, e non solo perché hanno un costo ma anche perché vanno ad inquinare quello che è il nostro stesso luogo di lavoro. Tutti i nostri sforzi come mondo della produzione sono tesi a salvaguardare le colture e a difendere e tutelare nel contempo migliaia di posti di lavoro”.

Anche l’asticella del 25% di produzione biologica potrebbe non essere un obiettivo conveniente e, paradossalmente proprio per gli stessi produttori bio. Ricordano infatti i firmatari del manifesto che se la domanda di frutta e verdura biologica non seguirà di pari passo la crescita dell’offerta, l’unico risultato sarà un abbassamento dei prezzi e degli incassi proprio di chi ha scommesso sulla coltivazione di questi prodotti premium.

Il rischio più grande, però, è quello di una crescita fuori controllo delle importazioni di ortofrutta dai Paesi extra Ue, i cui prezzi potranno essere più competitivi perché i loto produttori non dovranno sostenere i costi degli investimenti necessari a centrare i target di sostenibilità europei.

Chi pagherà insomma il prezzo delle strategie green della UE? Ora la palla passa al Parlamento di Strasburgo e a Bruxelles, dove verranno scritti i regolamenti attuativi. Ed è proprio su questi che le associazioni degli agricoltori puntano a far sentire la loro voce.

(fonte: Il Sole 24 Ore)

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