UE, IL COVID RILANCIA LE VENDITE DI ORTOFRUTTA, ARANCE E MELE IN TESTA. MA RIMANE L’OMBRA RECESSIONE

La rivoluzione digitale innescata con il Covid, anche nel settore agroalimentare, si accompagna ad un forte cambio delle abitudini alimentari dei consumatori con un aumento dei consumi casalinghi che in alcuni Stati dell’Unione Europea arriva al 18% a fronte di un calo di quelli fuori casa del 21%.

Un’abitudine, questa, destinata a radicalizzarsi anche per l’anno prossimo con l’aumento del telelavoro che determinerà un aumento dei pasti consumati in casa di un ulteriore 7-9%.

Altro effetto ‘secondario del Covid’ è il rilancio delle vendite di prodotti ortofrutticoli, soprattutto arance e mele, per i loro aspetti salutistici, mentre sono in calo i consumi di quelli trasformati, come i succhi a base di concentrato. Un’eccezione per i trasformati, la fanno gli snack che rappresentano una delle nuove tendenze di consumo emerse dalla pandemia insieme all’aumento delle bevande e delle materie prime per cucinare in casa.

E’ lo scenario delineato nel corso della conferenza organizzata dalla Commissione Europea che si è tenuta, in streaming, questa mattina, dal titolo ‘EU 2020 Agricoltural Outlook’.

Nel corso dell’incontro si è analizzata la situazione di mercato causata dal Covid nel settore agroalimentare e si è cercato di fare delle previsioni su quello che potrà succedere da qui a dieci anni.

L’ombra, la paura, che incombe tra gli operatori, è quella della recessione che rischierebbe di far saltare anche il sistema utilizzato dall’UE per la stabilizzazione dei mercati finanziari, denominato AMIS e introdotto durante la crisi finanziaria del 2008.

Richard Herbert

“Se la ripresa dovesse essere lenta – ha detto Richard Herbert, Global Business Insight Director di Kantar – i prezzi del settore agroalimentare che, finora, hanno, bene o male, tenuto, sono destinati a crollare. Questo significherebbe: recessione”.

Intanto, per cavalcare il trend salutistico scatenato dalla pandemia oltre che per dare una risposta al generalizzato calo del potere di acquisto delle famiglie, la distribuzione europea si organizza con una serie di programmi di scontistica o piani fedeltà. Tra questi, l’insegna Ahold-Delhaize, che oltre ad avere appena avviato (ottobre) un nuovo programma fedeltà denominato ‘plus’, ossia la versione più favorevole per il consumatore, rispetto alla precedente, offre anche una scontistica tra il 5 e il 15% su tutti i prodotti ortofrutticoli.

L’insegna, inoltre, si pone come obiettivo quello di ridurre la propria impronta di carbonio del 60% nei prossimi dieci anni anche per rispondere ad una precisa richiesta di consumo che si sta diffondendo sempre di più in UE.

Crescono, infatti, del 16%, i consumatori, cosiddetti ‘ecoattivi’, ossia che ci tengono a ridurre la propria impronta ambientale anche attraverso consumi green. Tuttavia, una parte delle richieste di questo segmento di consumatori, rimane ancora parzialmente insoddisfatta. In particolare, quella legata al riciclo dei rifiuti (troppa poca economia circolare) e allo sviluppo di packaging eco-friendly.

Coline Laurent

“Quella a cui il Covid ha dato il via – ha spiegato Coline Laurent, Marketing and Communication, Connecting Food, impresa indipendente specializzata in soluzioni tecnologiche legate alla tracciabilità, come la blockchain – è una vera e propria rivoluzione digitale che si ripercuote anche sulla domanda da parte dei consumatori che vogliono sempre più informazioni sui prodotti che comprano al punto che uno degli elementi di fidelizzazione del cliente, per un brand, è proprio la quantità e la qualità di informazioni che è in grado di dare su un determinato prodotto. Oggi, un consumatore che vede insoddisfatta questa richiesta, cambia la scelta della marca. Tuttavia, la blockchain, che in sostanza a differenza delle altre soluzioni di tracciabilità, fa certificare ogni step della filiera da parte di enti terzi, non è ancora diffusa e questo richiede una campagna di sensibilizzazione sia verso i consumatori che verso la politica”.

Marijke van Schagen

La maggiore sensibilità verso il consumo di frutta e verdura e la sostanziale stabilità dei prezzi sul mercato interno (europeo), per lo meno fino ad ora, portano ad una crescita del consumo ortofrutticolo che, secondo Marijke van Schagen, Unit Analysis and Outlook, DG Agriculture and Rural Development, EC, “avrà un trend di crescita nei prossimi dieci anni. La crescita sarà maggiore per l’ortofrutta fresca che non per quella trasformata. Aumenta la richiesta soprattutto di mele e in minor misura di arance mentre si riduce la richiesta di trasformati come i succhi di frutta a base di concentrato. Una particolare segnalazione è legata al valore aggiunto del pomodoro destinato ad aumentare perché cresce la domanda di prodotti di qualità anche se, a fronte in questo dato produttivo, gli agricoltori dovranno misurarsi con il cambiamento climatico che innalza il rischio agricolo e spingerà i produttori a doversi adattarsi soprattutto attraverso la ricerca e l’innovazione”.

Il trend del biologico

Per quanto riguarda la strategia europea di rilancio del biologico, l’Unione si scontra con un consumo a due velocità. Quello maggiore, dei Paesi dell’Europa dell’Ovest e del Nord come Germania, Francia e Austria in prima linea, e quello minore dei Paesi mediterranei, sia pure grandi produttori di bio, come la Spagna, i cui consumi di Organic food si attestano ancora al 2-3% del totale.

Tra i prodotti ortofrutticoli quelli che, su scala europea, al momento si sono più ‘biologizzati’ ci sono al primo posto le patate con un livello di prodotto bio che arriva al 50%, gli ortaggi sono al 17% mentre con la frutta è intorno all’8%. “Un’altra cosa positiva che ha portato il Covid – precisa Vincent Thoen, Public Affairs Manager, Ahold-Delhaize – è il boom vero e proprio del bio con la domanda che è passata dal 7 al 50% in un solo anno a fronte di una crescita, negli ultimi 10 anni, del 120% che però non gli è valsa ad uscire fuori dalla categoria dei prodotti di nicchia”.

Rimane cruciale la questione dei prezzi o valore aggiunto dell’ortofrutta che per alcuni comparti è un vero e proprio dramma visto che i margini al produttore tendono ad assottigliarsi sempre di più e che siamo praticamente a ridosso della soglia ‘guadagno zero’ per molti prodotti ortofrutticoli.

Il segreto per creare valore aggiunto su prodotti salutari come le pesche o le nettarine, secondo Raphael Martinez, Director, Federation of Fruits and Vegetables Occitanie “è quello di aggregarsi di modo da creare una filiera inossidabile e promuovere il consumo locale. Così abbiamo fatto in Francia anche con la creazione del marchio ‘Fiers de nos Fruits Francais’. Un’operazione che ha portato i consumatori francesi a preferire un prodotto locale garantito da questo marchio che non è Bio ma che usa best practice di produzione, piuttosto che pesche bio di importazione rivelando un livello di fiducia sul prodotto nazionale e su questo marchio, pari al 79%. Lo stesso lavoro lo hanno fatto i belgi sulle mele”.

Mariangela Latella

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