PERE, BERGAMI SU OPERA: “NON È FALLITO IL PROGETTO MA L’OBIETTIVO DELL’AGGREGAZIONE”

Il 28 gennaio con una mail inviata di suo pugno Luca Granata annuncia le sue dimissioni da Opera “avendo raggiunto i termini per il pensionamento”. In casa Apo Conerpo si stanno valutando i curricula alla ricerca del nuovo direttore generale del Consorzio leader nella pera in Italia che dovrà portare avanti il “progetto”, come si dice nel calcio.

Ad Albano Bergami, ferrarese, n.1 dell’OP La Diamantina (16 imprese del territorio specialiste della pera Abate e non solo, 200 ettari per 50-60.000 quintali di prodotto) , presidente regionale e nazionale dei frutticoltori di Confagricoltura, chiediamo: se l’aspettava questa uscita di scena un po’ improvvisa?

Mah, è arrivato a maturare la pensione, vorrà tirare un po’ il fiato dopo quarant’anni di impegno e grandi soddisfazioni professionali. Mi sembra normale…

Chi al suo posto?

Ah quella è una selezione difficile, solo Luca poteva farsi carico e far partire il progetto. Scegliere il successore, prendere il suo posto è un impegno non da poco, una barca pesante da gestire, a meno che uno non voglia limitarsi a galleggiare, a gestire la quotidianità.

Lei dice di essere un grande sostenitore del progetto Opera però poi nel 2019 è uscito assieme al gruppo Mazzoni e I.A.F.F.A. – in pratica tutti i privati – lasciando sola la base cooperativa facente capo ad Apo Conerpo. Come la mettiamo?

Confermo, fin da primo momento sono stato promotore e sostenitore del progetto, sono entrato con la mia OP credendoci. Opera non solo andava fatta ma ancora oggi è uno dei pochi esempi di aggregazione produttivo-commerciale vera, non solo sulla carta.

Quindi?

“Ho partecipato per 3 anni a tutti i tavoli, condiviso tutto il percorso. Ma con mio grande rammarico mi sono reso conto che si stava perdendo l’obiettivo fondante iniziale, quello di riuscire ad aggregare una quantità sufficiente di produzione per rendere sostenibile il tutto. Rammarico non solo mio ma anche di Luca che ha sempre sostenuto che per dare risultati concreti Opera doveva riuscire ad aggregare almeno il 50% della produzione.

Perché non ci siete riusciti?

“Mah la mia personale tesi è che dal primo momento forse è stata alzata troppo l’asticella nei confronti delle imprese, chiedendo loro di rinunciare alla loro più grande ricchezza, ai loro clienti. Concedendo più indipendenza e con meno invasività si poteva catturare l’interesse di molte più aziende.

Oggi la produzione aggregata di Opera è poco più del 22% dal 26-27% iniziale. Secondo lei come andrà a finire? Adesso si parla di un rilancio del sistema Emilia Romagna pere sotto l’ombrello dell’IGP?

Ne so poco. Mi sembra di capire che il presupposto è la sinergia tra i due consorzi, Opera e Origine Group, ipotesi di collaborazione non del tutto nuova (leggi news 1 e 2), di cui si era parlato all’inizio per alcuni mercati esteri su cui non c’era troppa pressione di concorrenza tra i vari soggetti, forse la Francia o se riapriva la Russia …poi non se ne fece niente.

Delusione per i mancati obiettivi di aggregazione. E i prezzi di liquidazione come erano: lei è stato prima dentro e poi è tornato fuori, può fare un confronto?

Il problema non è quello. Se uno fa qualità, se trova sempre soddisfazione, sia dentro un consorzio sia sul libero mercato. Il mercato è uno solo, nessuno fa miracoli. Il problema è quando la qualità, la pezzatura vengono a mancare.

Il sistema pere Emilia Romagna ha perso la sua grande occasione? E’ fallito il progetto?

Non è fallito il progetto, che era giusto. E’ fallito solo l’obiettivo iniziale. Serve una grande riflessione collettiva sul tema aggregazione. Il caso Opera insegna. Servono progetti a rete, non troppo invasivi, elastici, che lasciano margini di indipendenza ai vari soggetti”.

Lorenzo Frassoldati
Direttore Corriere Ortofrutticolo

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