COSÌ DROGA E FRAGOLE TENEVANO IN CONNESSIONE I TRAFFICI DELLA MALAVITA NEL METAPONTINO

Raccontano particolari incandescenti le carte processuali del sofisticato meccanismo di commistione tra droga e fragole scovato nella calda terra del Metapontino in Basilicata.

Quello scoperto dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza è “il più raffinato meccanismo di riciclaggio individuato finora in Basilicata”, stando all’ordinanza del gip distrettuale, che ha portato 12 persone in carcere, sei agli arresti domiciliari e ad altre sei ha imposto l’obbligo di dimora (leggi news).

Anche i cronisti della stampa di settore hanno fatto emergere una certa reticenza da parte della famiglia De Pascalis, primi inquisiti dell’inchiesta, a voler parlare della produzione di fragole nella loro azienda tutte le volte che ciascuno dei componenti veniva interpellato per raccontare dettagli relativi alla messa in vendita delle abbondanti fragole coltivate in agro di Scanzano Jonico, in provincia di Matera.

Un malaffare che non aveva mai stentato a dare i suo segnali di evidenza, anche se abilmente celati da parvenze di normalità: la carica pubblica di assessore comunale per l’anima gentile della famiglia, poi decaduta insieme all’intera Giunta per un provvedimento governativo di commissariamento della casa comunale per ingerenze e infiltrazioni mafiose nella gestione della res pubblica.

Ma andiamo ai dati significativi dell’inchiesta. Quasi quattro milioni di euro di provenienza illecita sono stati “investiti”, dal 2013 al 2019, soprattutto nella produzione di fragole, nel Metapontino, senza che transitassero su nessun conto corrente aziendale: è il risultato di maggior rilievo emerso durante l’operazione di carabinieri e Guardia di Finanza con la regia della Direzione distrettuale antimafia di Potenza. “La Dda potentina, scrive La Stampa, ritiene di aver scoperto il più raffinato ed insidioso meccanismo di riciclaggio e reimpiego di denaro di provenienza illecita – cioè dal traffico internazionale di droga – per milioni e milioni di euro mai scoperto finora in Basilicata: l’inchiesta ha individuato cinque piazze di spaccio, tutte in provincia di Matera, e i canali di approvvigionamento – Puglia, Calabria, Campania ed Albania, compresa la produzione in proprio di cannabis. Gli indagati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di droga, cocaina, marijuana e hascisc, soprattutto, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, impiego di denaro di provenienza illecita e auto-riciclaggio, incendio e induzione a rendere false dichiarazioni. Al centro dell’attività criminale scoperta vi è un’azienda agricola nella quale venivano reimpiegati i capitali illeciti nella disponibilità del sodalizio criminale: è accaduto anche che fossero acquistati, in contanti, prodotti ortofrutticoli da terzi, poi etichettati e rivenduti come produzione propria. In tal modo, si è riusciti a perfezionare il circuito di ripulitura dei proventi illeciti. Proprio grazie ai fondi illeciti, i soci dell’azienda agricola finita al centro dell’inchiesta hanno potuto fare, secondo l’accusa, sempre maggiori investimenti, acquistando terreni, immobili, attrezzature, senza ricorrere al credito bancario, distorcendo così il mercato ai danni di aziende non dotate della stessa quantità di risorse”.

Maria Ida Settembrino

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