EXPORT DI ORTOFRUTTA IN UCRAINA E RUSSIA, I DATI E GLI SCENARI

Quali ripercussioni avrà sul commercio ortofrutticolo la guerra Russia-Ucraina? Se lo chiedono in tanti, in questi tragici giorni in cui il conflitto non accenna a fermarsi e, anzi, vive una preoccupante escalation.
Diciamo subito che l’export italiano in Ucraina è poca cosa. I dati Intrastat riferiti al 2020 che ci ha fornito Fruitimprese fanno riferimento a tre prodotti: clementine (2.196 tonnellate per un valore di un milione di euro circa), kiwi (1.039 tonnellate per 1,1 milioni di euro) e uva (241 tonnellate per 371mila euro).
Un ruolo ben più importante, a livello comunitario, è rivestito dalla Polonia con un export totale nel Paese ucraino di 135mila tonnellate sulle quasi 305 mila esportate dai Paesi Ue nel 2020: patate, pomodori e mele le tre referenze di punta inviate da Varsavia, ciascuna con voliumi attorno alle 12mila tonnellate.
Il fatturato polacco è di 100 milioni, poco meno della metà dei 207 milioni di euro generati dai Paesi UE.
Al secondo posto, in termini quantitativi ma non economici, la Grecia con 57mila tonnellate per un business di oltre 31 milioni di euro: pesche e nettarine (31mila tonnellate), clementine (10mila) e kiwi (oltre 7mila) le tre referenze di punta.
Nel 2020 i Paesi Bassi hanno esportato in Ucraina poco meno di 54mila tonnellate di ortofrutta per un valore di 38 milioni di euro, principalmente patate (31 mila tonnellate), avocado e cipolle.
Quarta posizione per la Spagna, che supera di poco le 10mia tonnellate per un valore di 12 milioni di euro): sul podio dei prodotti inviati in Ucraina ecco kaki (quasi 6mila tonnellate), clementine, pesche e nettarine.
Extra UE, i dati Freshfel dicono che lo scorso anno la Turchia aveva esportato in Ucraina ben 360 mila tonnellate di ortofrutta e aveva inoltre invitato in Russia – beneficiando dell’esclusione dell’embargo – quasi 1,5 milioni di tonnellate di frutta e verdura fresca, un record assoluto; dopo di lei, nella graduatoria dei fornitori di Mosca, l’Ecuador, con un dato allineato a quello turco, quindi Egitto, Azerbaijan, Cina e Uzbekistan, in un range tra 400mila e 330mila tonnellate.
Va inoltre considerato che la Polonia è un grande fornitore di ortofrutta della Bielorussia, a sua volta implicata nel conflitto, con poco meno di 300mila tonnellate inviate a Minsk nel 2020 (seguono  Spagna con 67mila e Paesi Bassi con 25mila, mentre l’Italia supera di poco quota 10mila tonnellate).
Numeri destinati a modificarsi in modo sostanziale a causa del conflitto e, verosimilmente, a generare “pressione” sui mercati dell’Europa occidentale, Italia compresa.  Con conseguenze importanti che cominceranno presto a manifestarsi.
Mirko Aldinucci

m.aldinucci@corriereortofrutticolo.it

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