BIOLOGICO, FRUTTA E VERDURA SONO LE CATEGORIE A PIÙ ALTA FREQUENZA DI CONSUMO

Si è parlato della stretta connessione tra ortofrutta bio e distribuzione moderna durante il Convegno organizzato in occasione di Marca Fresh, lo spazio riservato alle novità del fresco a Marca 2022, all’interno del Salone internazionale sui prodotti a marca del distributore, in corso in questi giorni a BolognaFiere.

Un legame importante, soprattutto in prospettiva futura, che emerge prepotente dai risultati del primo Osservatorio Frutta e Verdura Bio, presentato da AssoBio e Alleanza delle Cooperative italiane (ACI agroalimentare) su uno studio condotto da Nomisma, presentato a Marca Fresh, lo spazio riservato alle novità del fresco a Marca 2022, all’interno del Salone internazionale sui prodotti a marca del distributore, a BolognaFiere.

Ortofrutta e distribuzione moderna sono i capisaldi del consumo “bio” in Italia: circa 30 milioni di italiani (adulti, 18-65 anni) mangiano frutta e verdura biologica e il 53% delle vendite a valore passa dalle casse di un supermercato, iper o discount.

Lo rivelano i dati dell’Osservatorio Frutta e Verdura Bio.

L’Obiettivo principale dell’Organic F&V Monitor sostenuto da Brio SpA, Conor e Canova, è stato quello di monitorare le reali dimensioni dell’ortofrutta biologica italiana sia per canale di vendita che per le principali categorie di prodotto generando così un patrimonio informativo completo sul comparto.

I dati sono stati integrati con un’indagine fra i consumatori realizzata a inizio anno, secondo cui frutta e verdura sono le categorie a più alta penetrazione, a più alta intensità di consumo per la clientela bio più “fidelizzata”.

La rilevazione è stata condotta grazie alla partecipazione di 22 operatori del settore (catene Gdo, produttori e ristoratori) che hanno riferito i dati di vendita relativi agli ultimi anni.

Le vendite totali di ortofrutta biologica fresca sul mercato italiano ammontano a 774 milioni di euro, nel 2020 (peso imposto e variabile). Una cifra suddivisa tra consumi domestici pari a 690 milioni di euro (+7% rispetto al 2019) e consumi fuori casa, con un valore di 84 milioni di euro (-27%), dato decisamente in calo influenzato dai lockdown e delle chiusure forzate causa pandemia.

La distribuzione moderna convoglia da sola 360 milioni di euro di vendite, di cui oltre la metà (il 60%) è rappresentato da confezioni di ortofrutta bio a peso imposto (fonte Nielsen), mentre ammontano a 144 i milioni derivanti dal peso variabile, stimati grazie all’Osservatorio. Il 78% degli italiani ha consumato ortofrutta bio durante l’anno.

L’88% dei bio users consuma ortofrutta bio e il 23% sceglie sempre il BIO, tutte le volte che compra frutta e verdura.

“In questo momento di rallentamento della domanda del bio c’è l’opportunità di creare valore alla produzione, facendo sempre attenzione alla qualità e all’innovazione oltre che all’efficientamento della filiera. D’altra parte, i retailer detengono lo strumento per rendere dinamica ed efficace l’offerta. L’obiettivo è quello di sfruttare al massimo la potenzialità inespressa di 30 milioni di consumatori”, ha esordito Paolo Pari, direttore marketing di Canova Srl.

“Abbiamo la necessità che la distribuzione organizzata ampli gli spazi dedicati al bio, altrimenti la produzione crescerà sull’onda del Farm-to-Fork ma non troverà sbocchi commerciali, pur in presenza di un evidente interesse da parte dei consumatori”, ha aggiunto Andrea Bertoldi, direttore affari generali di Brio Spa.

“Dunque – ha commentato Renata Pascarelli direttrice Qualità Coop Italia –  l’ottimizzazione dello spazio a scaffale dedicato al bio è un elemento fondamentale. Ma lo è anche il prezzo. Oggi Coop vanta delle ‘isole’ del bio all’interno del reparto ortofrutta. L’obiettivo è investire ancora di più per rispondere alle esigenze dei consumatori, che chiedono sicurezza e prezzi accessibili, dimostrando talvolta poca coerenza tra desiderata e atto di acquisto”.

Nel suo intervento Massimo Silvestrini, responsabile Sviluppo Bio Italia per Carrefour, ha ricordato il ruolo strategico del biologico nelle politiche di sviluppo dell’insegna francese, confermando anche l’importanza di adattare e clusterizzare la proposta in base ai diversi format: “Nelle piccole superfici il bio è inserito a scaffale al fianco dell’omologo prodotto convenzionale, ma mano mano che le dimensioni aumentano crescono anche lo spazio dedicato e i corner, fino ad arrivare agli Iper dove abbiamo inserito dei veri e propri Shop in Shop Bio”.

Parlando di estero Silvestrini ha aggiunto: “Per Carrefour è normale farsi sponsor dell’eccellenze italiane negli oltre 40 Paesi in cui è presente, ponendosi come garante della qualità e facilitatrice di aspetti logistici. La stessa opportunità potrebbe toccare al bio”.

Scettica su quest’ultimo aspetto Valentina Pizzi, direttrice marketing e CFO di Pizzi Osvaldo & C. Spa: “Per noi che produciamo e vendiamo soprattutto in Italia, l’Export è tra le peggiori minacce. L’estero, giustamente, privilegia e gratifica il prodotto Italiano Biologico e compra meglio di quanto non sia disposto a fare la GDO italiana. Quindi spesso succede che il miglior prodotto italiano venga venduto all’estero e, come  accade per la fuga di cervelli, non sia più disponibile in Italia. All’estero si fanno programmazioni annuali stabilendo i prezzi in anticipo, la GDO in Italia ha paura di farlo. L’estero è più flessibile sulla qualità, ma non transige sulla legalità, grazie ad attenti controlli e analisi, al contrario dell’Italia dove si pretende anche una qualità superiore al convenzionale”.

Ha tirato le somme Roberto Zanoni, presidente di Assobio, che confessa di riporre grandi speranze nel convegno in programma il 10 maggio a Roma, alla presenza del ministro Patuanelli, per discutere del rilancio delle attività post approvazione della legge sul bio e alla luce del piano di azione nazionale sul bio. Un passo importante per sostenere il consumi, così come lo è l’imminente campagna pubblicitaria che il Ministero delle Politiche Agricole si appresta a lanciare per promuovere i consumi e la conoscenza del biologico.

Conclude Zanoni : “Se da un lato è indispensabile remunerare in modo corretto gli agricoltori, dall’altro è altresì importante arrivare al consumatore con un giusto prezzo senza eccessivi sprechi lungo la filiera. Un più ampio assortimento, maggiori spazi dedicati al bio e nuove soluzioni di vendita al dettaglio, potrebbero rivelarsi le strategie vincenti per incontrare in maniera più efficace il grande pubblico. In questo senso, è importante istituire un tavolo di filiera per lavorare ad alleggerire la burocrazia e, al contempo, aprire un dialogo rispetto alla promozione e alla comunicazione”.

In generale, consapevoli che il biologico sia l’unico sistema produttivo a garantire un futuro al nostro Pianeta, all’incontro di ieri è apparsa evidente la volontà di lavorare insieme e aprire un dialogo comune tra produzione e retailer.

Chiara Brandi

(fonte: Greenplanet.net)

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