“CLIMATE CHANGE, SCENARI CATASTROFICI IN VISTA”. E L’ORTOFRUTTA DEVE CAMBIARE

Il cambiamento climatico può trasformarsi in una catastrofe per l’umanità e bisogna prepararsi agli scenari peggiori, che vanno dalla decimazione della popolazione mondiale fino all’estinzione dell’uomo per cui serve focalizzare gli sforzi della ricerca su quattro temi cruciali: fame e malnutrizione, eventi meteo estremi, guerre e, infine, malattie trasmesse da vettori come zecche e zanzare. Un appello da far gelare il sangue quella cui è giunta un gruppo internazionale di esperti guidato dall’Università di Cambridge, nello studio pubblicato sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (PNAS) rilanciato oggi dai principali media italiani.

I ricercatori chiedono in particolare al Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) di dedicare un rapporto alle loro conseguenze più estreme, per spronare la comunità scientifica e informare i cittadini. “Ci sono molte ragioni per credere che il cambiamento climatico possa diventare catastrofico, anche a livelli di riscaldamento modesti”, afferma il primo autore dello studio, Luke Kemp dell’Università di Cambridge.

I modelli usati dagli esperti indicano che le aree di caldo estremo (quelle con una temperatura media annuale di oltre 29 gradi, dove oggi abitano circa 30 milioni di persone tra Sahara e costa del Golfo) potrebbero estendersi così tanto da interessare ben due miliardi di persone entro il 2070.

“Queste temperature e le loro conseguenze sociali e politiche influenzeranno direttamente due potenze nucleari e sette laboratori di massimo contenimento che ospitano i patogeni più pericolosi: c’è una forte possibilità di effetti a catena disastrosi”, sottolinea uno degli autori dello studio, Chi Xu dell’Università di Nanchino.

Le conseguenze sull’agricoltura e sul settore ortofrutticolo, vittime ma anche concausa del climate change, sono già oggi sotto gli occhi di tutti: la siccità che riduce i raccolti, le dimensioni delle piante, la pezzatura dei frutti mentre l’innalzamento delle temperature cambia la stagionalità e introduce nuove specie, quelle un tempo tipicamente legate ai climi tropicali, come avocado, mango, banane, a discapito di altre, a rischio di forte ridimensionamento o addirittura di cancellazione. Inevitabili novità ci saranno anche a livello  varietale: qui verosimilmente si dovrà puntare sulla resistenza alle malattie e alle temperature estreme, piuttosto che su altri requisiti, magari estetici.

Per Coldiretti la siccità ha compromesso i raccolti di quasi la metà (46%) degli agricoltori italiani per un totale di 332mila imprese. Nella pianura Padana, per la mancanza di acqua, è minacciato oltre il 30% della produzione agricola nazionale. Il livello del fiume Po ai minimi da decenni è rappresentativo della situazione di carenza idrica che riguarda anche i grandi laghi del Nord con il Maggiore che ha appena il 10% di riempimento dell’invaso e quello di Garda pieno poco meno di un terzo.

Bisogna e bisognerà tenere conto della rivoluzione climatica nella scelta delle produzioni, nelle tempistiche di messa a terra delle colture (chi mette a dimora un frutteto oggi dovrà pensare al clima che ci sarà tra dieci anni), ma anche nella commercializzazione.Politiche tese a una riduzione dell’inquinamento, potrebbero  spingere a un ridimensionamento delle tratte commerciali, favorendo ad esempio l‘export nei Paesi più vicini rispetto a quelli oltreoceano.

Il climatologo Luca Mercalli ha recentemente sottolineato la necessità di “riportare la dimensione della filiera corta, almeno europea, reintegrando il valore di un’agricoltura locale, che ha fatto meno danni di un’agricoltura internazionale”. Così come “diventerà importante che il consumatore abbia più formazione sui temi ambientali” per capire il valore del prodotto ed essere disposto a pagarlo un po’ di più.

Tante sfide all’orizzonte, insomma, per un settore che oggi come non mai, da monte a valle della filiera. è chiamato a tenere le antenne ben dritte. (m.ald.)

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