IL RISPARMIO SEMPRE PIÙ MANTRA DEI CONSUMATORI: PREMIATI I DISCOUNT, RALLENTA L’E-COMMERCE

Di fronte all’impennata dell’inflazione e alla perdita del potere d’acquisto l’imperativo categorico dei consumatori è risparmiare.

E per farlo mettono in atto strategie che modificano il carrello della spesa e i canali di vendita a cui si rivolgono. La sfida per il largo consumo confezionato è quella di riuscire a rispondere a questi cambiamenti repentini. Di questo si è parlato nel workshop “Largo consumo confezionato: evoluzione tra le rivoluzioni”, organizzato da GS1 Italy in ambito ECR in collaborazione con IRI. Il workshop ha approfondito gli effetti dell’attuale congiuntura sulla disponibilità dei prodotti a scaffale, registrando un aumento del tasso di out ofStock in tutti i canali e reparti, in concomitanza col conflitto ucraino, dopo un recupero del 2021 sul primo anno di pandemia: “Oggi siamo arrivati a misurare nuovamente un valore alto quello del 3,8% quindi una sorta di ritorno al passato dovuto ovviamente a tutta una serie di criticità – ha spiegato Ilaria Archientini, ECR project manager di GS1 Italy – criticità di approvvigionamento nella catena di fornitura, mancanza di materie prime, aumento dei costi delle materie prime quindi un contesto molto incerto, instabile a cui si è aggiunto anche l’elemento inflattivo”. Esperienza comune in agosto il boom di mancanza di acqua a scaffale a causa della scarsa reperibilità della CO2. Quest’anno in media l’out of stock ha comportato vendite perse per un 5,2%, una misura della sofferenza del largo consumo confezionato, stretto nella morsa inflattiva. Secondo i dati Iri tra gennaio e settembre quest’ultima è salita del 5,7%, col consumatore che, dopo una iniziale difesa del proprio valore di spesa, ha ceduto, innescando un calo generalizzato dei volumi: “Il consumatore – ha analizzato Emanuela La Rocca, Cgd retail account director di IRI – cerca la convenienza sia rivolgendosi al canale discount come elemento di saving e sia cambiando il mix dei prodotti acquistati: in questo scenario perdono di performance i prodotti più premium mentre guadagnano prodotti a primo prezzo e il mainstream cioè i prodotti con valore medio”.

Se l’aumento dei costi energetici è trasversale a tutti i settori, ci sono filiere sotto pressione più di altre per le difficoltà legate all’approvvigionamento delle materie prime, ed è proprio qui che si registrano i tassi inflattivi più alti: “L’olio di semi – ha detto La Rocca – registra una inflazione da gennaio a settembre 2022 di quasi 50%, pasta di semola 23,5%, farine quasi 20%. Naturalmente molte di queste categorie sono quelle sulle quali il consumatore definisce la percezione della variazione dei prezzi perchè fanno parte del paniere abituale di acquisto”.

Cambia, come si diceva, anche la geografia dei canali distributivi, che se da un lato vede rallentare l’ecommerce e una ripresa del libero servizio, dall’altro premia il discount, unico canale a registrare nel 2022 un aumento dei volumi del 2,9% sebbene l’inflazione sia all’8,6%: “Nonostante gli indici inflattivi siano più alti nei discount rispetto ad altri canali – ha proseguito La Rocca – ad oggi il consumatore comunque elegge il discount come canale dove andare a ricercare la convenienza. Quello che stiamo notando ora è un trend superiore rispetto agli altri reparti della drogheria alimentare che è il reparto che ha la quota più bassa nei discount rispetto alla quota che ha nell’assortimento di ipermercati e supermercati”.

Gioco forza anche le promozioni nella GDO si riducono, tenendosi lontane dai livelli pre pandemici. “La necessità dei retailer di non rischiare troppo sui margini e anche l’incertezza sulla disponibilità delle scorte dei prodotti stanno frenando il ricorso alle promozioni – ha affermato – però questa leva è fondamentale soprattutto per il consumatore e quindi meno promozioni significa per i consumatori meno occasioni di risparmio con ulteriore aggravio sul costo del paniere acquistato”.

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