DISASTRO-UVA, CINQUE PROPOSTE DAGLI OPERATORI RIUNITI DA CUT

Le difficoltà attuali derivanti dalla domanda piatta e lenta sul mercato e dai prezzi non remunerativi si abbattono proporzionalmente su tutta la filiera dell’uva da tavola. Non ci sono vincitori, non ci sono speculatori, non si arricchisce nessuno, c’è però chi perde: il comparto.

La filiera (produttori, operatori commerciali, tecnici, aziende di mezzi di produzione) deve dialogare con trasparenza e coordinarsi in un‘azione condivisa per sostenere e sviluppare il sell out di prodotto insieme alla GDO, canale per il quale passa più del 70% delle vendite di uva da tavola, a livello nazionale ed estero. Il momento contingente è molto critico ed al riguardo è importante che le istituzioni agiscano quanto prima per attuare iniziative utili a riequilibrare nel breve periodo l’incrocio tra domanda e offerta sui mercati e programmare strategie e misure che consentano al settore di rilanciarsi nel medio periodo. Ognuno, però, deve far la sua parte, a cominciare dal territorio.

Queste, in sintesi, le considerazioni emerse nel corso dell’incontro con oltre 100 operatori del sistema produttivo pugliese che ha tenuto la CUT [Commissione Italiana Uva da Tavola], l’Associazione di Filiera dell’Uva da Tavola Italiana, presso la propria sede a Conversano venerdì 14 ottobre, secondo quanto si legge in un comunicato della stessa CUT.

Si è trattato di un’occasione di ascolto e analisi fortemente voluta dalla CUT a seguito delle fibrillazioni del sistema locale, esasperato dai prezzi bassi e dalla scarsa domanda di prodotto che caratterizza questo difficile passaggio stagionale per l’uva da tavola.

Un momento della riunione

Il dibattito è partito dai dati: sono stati esaminati durante l’incontro i prezzi medi di vendita sul mercato italiano ed estero ed i costi medi dei singoli segmenti della filiera (produzione, commercio, vendita al consumo), con chiarezza e consapevolezza; per la prima volta, confrontandosi sui numeri, si è compreso come tutti i reparti soffrano enormi difficoltà, e risulti spesso controproducente fare troppo rumore sul mercato, anche attraverso gli organi di stampa, enfatizzando le situazioni di crisi, senza attivarsi per trovare ed attuare soluzioni concrete e strutturali.

Si è raschiato il fondo del barile ed è necessario risalire la china e vivacizzare la domanda sui mercati, soprattutto per le uve con seme. E’ stato evidenziato, infatti, come recepire ed accelerare il processo di innovazione varietale verso le varietà seedless sia fondamentale per il comparto dell’uva da tavola in questo momento: le varietà tradizionali, come la varietà Italia, che hanno caratterizzato e spinto le vendite dell’uva italiana per oltre 50 anni, oggi soffrono sul mercato a causa del cambiamento dei gusti dei consumatori; tuttavia costituiscono un patrimonio produttivo e storico importante e, secondo molti tra i produttori intervenuti, manterranno il proprio interesse se coltivate con metodi sostenibili, e grazie ad una qualità, ad un gusto e ad una connotazione territoriale (come quella garantita dal marchio IGP) che sono fattori sempre più necessari, in uno scenario commerciale competitivo e globale, ma che è indispensabile comunicare con attività di promozione e posizionamento di prodotto.

“Si deve evitare però che questo processo di rinnovamento sia condotto dal territorio in maniera disorganica, o addirittura che sia contrastato o intrapreso con diffidenza – afferma Lorenzo Diomede, Project Manager della CUT – è vero che in questo momento il rinnovamento genera forti condizionamenti, dubbi e perplessità , come ovvio, ma è l’unica direzione possibile. La conversione varietale va gestita tramite strategie che possano consentire una graduale ridimensionamento dell’eccessiva offerta di prodotto, che fa inevitabilmente abbattere il prezzo, soprattutto in un momento di forte contrazione dei consumi a livello europeo (la ns. uva viene esportata in Europa per oltre il 60% della propria produzione…), e attraverso accordi con i breeders locali e stranieri all’interno di vere filiere commerciali, tramite l’aggregazione in OP, e con una programmazione consapevole, che può essere affrontata solo con la conoscenza dei numeri di produzione e dei dati di mercato.”

Ottenere, analizzare, interpretare e condividere i numeri della produzione e del mercato, oltre che rappresentare la filiera e promuovere l’uva da tavola italiana sui mercati è il centro del lavoro della CUT, attraverso le attività che sta portando avanti per il comparto da oltre due anni: creazione e aggiornamento del Catasto Varietale dell’Uva da Tavola Italiana, costituzione e attivazione del Distretto dell’Uva da Tavola in Puglia, coordinamento di un Contratto di Filiera Nazionale per l’Uva da Tavola Sostenibile, realizzazione di iniziative di promozione e valorizzazione del prodotto e del territorio in Italia e all’estero, attenzione al risparmio dei costi ed alla modernizzazione del settore.

Di questo c’è bisogno per rilanciare il comparto subito e garantire a tutti gli operatori della filiera la restituzione di quella competitività e redditività che meritano per il loro know how, la loro capacità di esprimere un prodotto di eccellenza ed i sacrifici personali ed economico-finanziari che sostengono da sempre. Ed è questo ciò a cui la CUT si sta dedicando.

Quali dunque le iniziative che la CUT ed il comparto unito e coeso possono intraprendere per tamponare gli effetti della crisi dei prezzi e rilanciare il valore del prodotto? Cinque quelle condivise nel corso della riunione: provare, anche tramite l’intervento istituzionale garantito dall’Assessorato alla Regione Puglia, ad aprire un confronto con la GDO per ottenere prezzi che non scendendo oltre un valore minimo riescano a remunerare tutti i passaggi della filiera; far in modo, tramite l’importante supporto delle Organizzazioni Agricole, che le prossime misure del PSR prevedano, come annunciato, incentivi al rinnovamento colturale per l’uva da tavola; coordinarsi sul territorio per produrre in maniera programmata rispetto alle esigenze dei mercati di riferimento prodotto di qualità e secondo volumi adeguati a soddisfare la domanda; adottare iniziative strutturate per posizionare il prodotto e il territorio attraverso promozione e comunicazione; incrementare la partecipazione dei produttori al consorzio IGP Uva di Puglia, per tutelare e valorizzare le varietà tradizionali in Italia ed all’estero.

Consapevoli del grande lavoro da portare avanti per il futuro prossimo del comparto, i partecipanti all’incontro, hanno tuttavia convenuto che qualche effetto positivo sulla domanda di uva italiana, secondo quanto riportato da fonti della CUT, si dovrebbe intravedere la prossima settimana sui mercati, visto che la produzione di seedless spagnola e greca è alla fine della stagione ed il prodotto italiano, alla pianta ed in stock, grazie alla sua ottima qualità, consentirà di continuare la stagione almeno fino alla fine dell’anno, in particolare per le varietà senza semi.

Per le varietà tradizionali non si prevedono grandi scosse nei consumi, non perché il prodotto non sia di qualità, ma per l’alternativa più richiesta e più apprezzata costituita dall’offerta di uve seedless appunto e dalla frutta esotica (per i gusti meno tradizionali), ovvero di altre referenze invernali classiche e di stagione proposte a scaffale, che saranno sempre più presenti sui mercati, come agrumi, mele, kiwi…(per i consumatori dai gusti più standard). D’altronde la filiera, come detto, non è nelle condizioni di agire sulla leva del prezzo per aumentare i consumi, dunque sarà necessario tenere alta la qualità del prodotto per provare ad indurre una crescita dei consumi in questa fase finale di stagione.

Il proposito della Commissione Italiana Uva da Tavola è quello di prevedere periodicamente confronti di filiera, a cominciare già dal prossimo 4 novembre, in Puglia, giorno in cui si terrà un convegno promosso da Foragri, all’organizzazione del quale concorre la CUT. Sarà l’occasione nella quale concentrarsi sui dati aggiornati della stagione in corso, sulle tematiche concernenti le criticità e le opportunità del settore, ed avere il contributo di tutti gli attori della filiera, questa volta anche della GDO.

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