PRATICHE SLEALI, IL NODO DELLE VENDITE SOTTOCOSTO: ISMEA PUBBLICA I PRIMI COSTI DI PRODUZIONE

Il d. lgs. 198/21, in materia di pratiche sleali, ha dato attuazione alla direttiva UTPs (Unfair Trading Practices), con la quale il legislatore europeo ha inteso porre rimedio ai considerevoli squilibri che si sono venuti a creare tra il potere contrattuale di fornitori e acquirenti di prodotti agricoli e alimentari. Tra i diversi aspetti dei rapporti commerciali regolamentati dal decreto vi è quello relativo alle vendite sottocosto, espressamente vietate.
Con la locuzione vendita sottocosto, in ragione delle normative previgenti, deve intendersi la vendita al pubblico di prodotti alimentari freschi e deperibili a un prezzo inferiore a quello d’acquisto.
Il divieto non è assoluto, in quanto sono previste due eccezioni: la prima riguarda la commercializzazione di prodotti rimasti invenduti e a rischio di deperibilità; la seconda, più insidiosa, si riferisce a operazioni commerciali programmate e concordate con i fornitori in forma scritta. Quest’ultima deroga deve tuttavia essere sorretta dai principi di carattere generale di buona fede, trasparenza, lealtà ai quali la disciplina fa riferimento.
In ogni caso la disposizione in esame deve essere coordinata con quella dello stesso provvedimento, che considera pratica sleale l’imposizione al fornitore di vendere prodotti a prezzi al di sotto dei costi di produzione.
Sono, peraltro, esclusi dalla nuova disciplina i conferimenti di prodotti effettuati da imprenditori agricoli a cooperative di cui sono soci o a organizzazioni di produttori.
Le violazioni del divieto del sottocosto sono punite con sanzioni amministrative draconiane che possono arrivare sino al 5% del fatturato dell’anno precedente, per salire al 10% in caso di recidiva. È anche prevista la sostituzione di diritto del prezzo della fornitura ai sensi dell’art. 1339 c.c. Ne consegue che, ogni qualvolta l’ICQRF rilevi che la vendita di prodotti ha avuto luogo a prezzi inferiori ai costi di produzione, questi verranno rideterminati sulla scorta del prezzo risultante dalle fatture d’acquisto o, in caso di impossibilità, sulla scorta dei costi medi di produzione rilevati da ISMEA, ente espressamente indicato nel provvedimento in esame. In ulteriore alternativa, l’Autorità di controllo provvederà sulla base del prezzo medio praticato per prodotti similari nel mercato di riferimento.
In attuazione di tale incarico istituzionale, ISMEA sta procedendo al monitoraggio dei costi di produzione delle varie filiere e ha recentemente pubblicato sul proprio sito i primi risultati che si riferiscono alla coltivazione di: melone area mantovana; fragole in serra, area Basilicata; fragole in serra, area Campania-Basilicata; mele Fuji, area Emilia-Romagna (FE); mele Golden, area Trentino;
mele Fuji, area Trentino.

 

 

Gualtiero Roveda

avvocato, esperto di diritto del lavoro e d’impresa

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