LA RICETTA DI GIGANTE: RIDURRE LE AREE COLTIVATE, PIÙ QUALITÀ DEI PRODOTTI. MA PESA LA MANCANZA DI MANODOPERA

Riduzione delle superfici utilizzate, lasciando terreni a riposo, e ricerca di maggiore qualità e selezione del prodotto per arrivare a una prezzatura soddisfacente da parte del mercato.

E’ questa la ricetta di Tommaso Gigante (nella foto), vicepresidente di Copagri Puglia e titolare dell’omonima azienda a Conversano (Bari), attiva nella coltivazione di ortaggi vari e di ciliegie, per fronteggiare il difficile momento congiunturale. Tra caro-energia e rincari produttivi generalizzati, “c’è un problema che non è da meno – sottolinea Tommaso Gigante al Corriere Ortofrutticolo – ed é quello della mancanza di manodopera specializzata. Siamo infatti costretti a fare molti interventi di formazione nei confronti di manodopera straniera arrivata con i flussi stagionali, che appunto è stagionale, e quindi, nel momento in cui ha acquisito competenze, deve però andar via perché scade il decreto flussi che consente la permanenza per soli 9 mesi. E’ una beffa, dopo che i lavoratori stagionali iniziato a imparare il lavoro, devi ricominciare tutto da capo”.

– Auspicabile quindi che il governo pensi a una modifica del decreto flussi?

“Certo, anche perché ci sono altri problemi, di ordine burocratico. Sulla domanda prevista dal decreto flussi per ottenere manodopera, ora dobbiamo anche asseverare in proprio la realtà aziendale. Quei controlli che faceva prima la Pubblica Amministrazione, attraverso l’Ispettorato del lavoro, ora te li deve fare un commercialista, un consulente del lavoro incaricato e pagato dall’imprenditore. Tutto questo, dice la P.A., nella logica della semplificazione, invece per noi è l’ennesimo onere”.

In tempi di raddoppio dei costi di fitofarmaci e concimi, l’azienda Tommaso Gigante si è guardata intorno per trovare soluzioni e, per fortuna, l’occhio non è dovuto andare lontano. “Per fortuna siamo vicini a delle aziende zootecniche – osserva l’imprenditore – Siamo quindi ricorsi all’acquisto del letame per ridurre l’utilizzo dei fertilizzanti chimici, però è una soluzione tampone”.

– Quanto vi preoccupa questo scenario congiunturale?

“Un po’ di ombre ci sono. Se la situazione dovesse persistere, ci sarà una riduzione delle superfici utilizzate, magari adottando rotazioni. Non potremo più seguire in conduzione tutti i 35 ettari aziendali e dovremo lasciare dei terreni a riposo”.

– Cosa sta succedendo alle aziende dell’area produttiva barese?”

Mi trovo in una zona dove è presente molta uva da tavola, i colleghi stanno avendo grandi problemi per le uve che il mercato non sta ritirando perché i prezzi al consumatore sono elevati, troviamo uva nel supermercato a circa 4 euro, mentre il produttore non riesce a venderla a 40 centesimi. E mentre io ho una azienda che, per la sua tipologia produttiva, può decidere di ridurre la superficie utilizzata, altri, come i produttori di uva, non possono farlo”.

– Come stanno andando i vostri prodotti?

“Ci sono alcuni prodotti, tipo finocchi e bietole, che hanno dei prezzi molto bassi al mercato; altri, come la cima di rapa, di cui si trovano in giro poche quantità, per fattori come la siccità e l’attacco dei batteri, vengono ricercati e ottengono prezzi di vendita soddisfacenti. Ed è questa l’unica cosa che ci consente di sopravvivere. La produzione ortofrutticola, come sappiamo, viene spesso venduta sotto costo, bisogna puntare quindi su questi prodotti di punta ad alto valore aggiunto”.

– Quale sarà la strategia aziendale per il futuro?

“Andare senz’altro avanti, nonostante le difficoltà, puntando su una produzione più ridotta e più di qualità. Per le ciliegie, per esempio stiamo facendo forti potature alle piante per avere un prodotto inferiore come quantità ma di calibro più elevato, in modo tale da potere essere prezzato il giusto”.

Cristina Latessa

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