BIOSTIMOLANTI PER IL POMODORO, IL PROGETTO DI BIOSUVEG PER RISPARMIARE ACQUA E FERTILIZZANTI

La sostenibilità in agricoltura è un valore sempre più citato e ricercato, ma non sempre è facile identificare soluzioni che vadano in questa direzione mantenendo la soddisfazione dei consumatori.

La riduzione dell’apporto di acqua e fertilizzanti è una componente essenziale della sostenibilità. Il cambiamento climatico ci pone di fronte a lunghi periodi di siccità in cui l’acqua diventa risorsa rara e costosa, mentre i fertilizzanti sono sempre meno disponibili per cause naturali e geopolitiche, come la guerra in Ucraina.

Il progetto di ricerca europeo BIOSUVEG, finanziato da EIT Food e coordinato dal Prof. Andrea Schubert, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, e che vede la collaborazione del PlantStressLab dell’Università di Torino e della start-up StrigoLab, ha messo a punto un biostimolante innovativo che aiuta la crescita e la produzione delle piante, in particolare quella del pomodoro, in ambienti meno ricchi di acqua e sostanze fertilizzanti.

biostimolanti sono prodotti di origine naturale, somministrati a basse concentrazioni, che favoriscono specifici processi biologici e aiutano la crescita delle piante. Il principio attivo del biostimolante sviluppato nel progetto BIOSUVEG viene ottenuto attraverso un procedimento innovativo, brevettato da StrigoLab, e contiene strigolattoni, ormoni di recente scoperta, con i quali è possibile controllare la crescita e la resistenza allo stress combinato da siccità e carenza di elementi nutritivi nelle piante.

I ricercatori dell’Università di Torino e di StrigoLab stanno svolgendo le prove sperimentali necessarie a ottimizzarne la formulazione e le modalità d’uso, con la prospettiva di inserire sul mercato un prodotto innovativo ed efficace per l’agricoltura. L’obiettivo è di ottenere un incremento della produzione superiore al 10% in pomodoro e peperone in condizioni di ridotta disponibilità di acqua e di fosfato.

“La disponibilità di acqua – dichiara Andrea Schubert – sta diventando poco affidabile anche in zone temperate umide come la Pianura Padana, e i fertilizzanti fosfatici sono in via di esaurimento a livello mondiale. Sviluppare delle tecniche che mantengano la produzione anche quando queste risorse sono meno disponibili è una chiave della sicurezza alimentare per il futuro”.

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