IL MONITO DALLE DONNE DELL’ORTOFRUTTA: “RIPENSARE IL MODO DI COMUNICARE IL PRODOTTO”

“Sono decenni che, quando si parla di carovita, i mass media mostrano immagini di ortofrutta (la star televisiva credo sia la zucchina!), intervistando consumatori che si aggirano sconfortati o arrabbiati tra i banchi dei mercati rionali. Anni in cui frutta e verdura vengono messe in prima pagina sui volantini settimanali della GDO con tagli prezzi significativi, con l’idea che la convenienza sia il prezzo al chilo più basso e quella la leva giusta per aumentare i consumi. In maniera sottile, quasi subdola, si è insinuata l’idea che l’ortofrutta sia cara e la convinzione che nelle trattative commerciali tra produzione e distribuzione anche pochi centesimi – spesso determinanti per la marginalità delle aziende – possano impattare negativamente sui consumi finali. Ma siamo certi che sia proprio così?”.

Da questa riflessione di Anna Parello, socia fondatrice e membro del CdA dell’Associazione Nazionale Le Donne dell’Ortofrutta, agronoma consulente di marketing e comunicazione per l’ortofrutta, è nato il nuovo concept social #ortofrutta cara? Ma dai!.

Si tratta di uno stimolo esplicito indirizzato ai consumatori a guardare oltre al prezzo al chilo, indiretto per produttori e distributori a ripensare la comunicazione e la politica di formazione e distribuzione del prezzo lungo la filiera. Come? Attraverso un’idea semplice quanto originale: “Ho iniziato a presentare alcuni frutti e ortaggi – ha spiegato Parello – mostrando lo scontrino e il costo sostenuto per ogni ricetta, che deve essere gustosa sì, ma al contempo facile, veloce, sana ed economica anche per gli altri ingredienti, perché non tutti i giorni le persone hanno tempo e voglia di mettersi ai fornelli a fare gli chef. A seconda delle specie a chiudere il tutto do un suggerimento salva spreco, per evitare che parte del comprato finisca nella pattumiera”.

Da quando la rubrica è stata lanciata online, il 5 novembre scorso, sono stati pubblicati 14 post. In ordine temporale si è parlato di: porri, cavolfiori, pere, clementine, peperoni, zucchine, carote, mele, cipolle, radicchio, broccoli, melanzane.

Il successo è stato grande, solo sul profilo Linkedin di Anna Parello tali post hanno generato 94.700 impression e 1.350 interazioni. Altrettanto interessanti gli insight della pagina dell’Associazione su Linkedin che, con 11 post di rilancio in chiave sfida della rubrica #ortofrutta cara? Ma dai!, ha registrato 7.000 impression e oltre 200 interazioni con un tasso di interesse medio per post pari al 28%.

E ora? “Penso sia arrivato il tempo di far evolvere la rubrica e di passare il testimone – ha affermato Parello -. Ho lanciato il sasso, vedo che gli anelli cominciano ad allargarsi. In primis, la ripresa da parte dell’Associazione Nazionale Donne dell’Ortofrutta, che ha proposto la sfida sempre sui social a tutte, non solo alle altre socie, e tutti. Poi mi ha fatto particolarmente piacere leggere in un’intervista della direttrice del CSO Elisa Macchi, rilasciata a Bestack, un passaggio in cui parla della necessità di un bel progetto di promozione dell’ortofrutta sui consumi interni e del bisogno di informazione, non solo patinata, ma di quella chiara e spiccia. Macchi ha anche aggiunto che sarebbe corretto indicare il prezzo a porzione accanto a quello al chilo, così da aiutare il consumatore a cogliere il reale valore dell’ortofrutta. E se dai miei profili social e dalle pagine dell’Associazione si passasse ai tavoli di categoria e agli uffici comunicazione di qualche insegna della Grande Distribuzione, allora sì che si inizierebbe a vedere la luce! Che il settore ortofrutticolo di luce ne può fare tanta con i suoi valori”, ha concluso.

“In questo momento tanto difficile la comunicazione è vitale per la filiera ortofrutticola – ha commentato la presidente dell’Associazione Alessandra Ravaioli – Le innumerevoli sollecitazioni informative che arrivano al consumatore disorientano e alterano la percezione reale. Il prezzo dell’ortofrutta è, come al solito, strumentalizzato dai media per diversi motivi, dal più banale relativo alla telegenicità di frutta e verdura, a quello più insidioso di estremizzare il caro prezzi prendendo ad esempio un prodotto considerato di poco valore, come capita sempre con la zucchina. Serve la diffusione virale di messaggi chiari, semplici e utili a chi acquista e sarebbe veramente un grande successo se la filiera riuscisse a unire le forze per andare in una sola direzione, quella del valore dei prodotti ortofrutticoli italiani”.

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