LA NOVITÀ DEL CONTRATTO DI LAVORO OCCASIONALE AGRICOLO A TEMPO DETERMINATO. ECCO COME FUNZIONA

La Legge di Bilancio 2023, al fine di mitigare il grave problema della mancanza di manodopera per le attività stagionali nel settore agricolo, agevolare il fabbisogno delle imprese – assicurando al contempo le tutele previste dal rapporto di lavoro subordinato – ha introdotto in via sperimentale per il biennio 2023-2024 il nuovo contratto di lavoro occasionale agricolo a tempo determinato.

La prima versione della manovra, proposta dal Governo, prevedeva di reintrodurre i voucher, ma vi è stata una ferma opposizione dei sindacati. Il nuovo strumento ha, comunque, l’obiettivo di rendere flessibile il ricorso alla manodopera consentendo alle imprese – purché rispettose dei Contratti Collettivi Nazionali e provinciali di Lavoro – di utilizzare prestazioni occasionali entro un massimo di 45 giornate lavorative annue per ciascun lavoratore.
La retribuzione è stabilita dai contratti collettivi ed è esente da imposizione fiscale. Il compenso percepito dal lavoratore non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato ed è cumulabile con qualsiasi tipologia di trattamento pensionistico.
Di interesse per le imprese, allo stato, paiono sia le semplificazioni burocratiche sia il contenimento dei costi. Le prime consentono di emettere un’unica busta paga alla scadenza del rapporto e di assolvere all’obbligo di informativa al lavoratore con la mera consegna del modello di assunzione, accordando, tuttavia, la possibilità di erogare i compensi, con modalità tracciabili, per settimana-quindicina-mese.
Quanto al contenimento dei costi viene previsto che la contribuzione dovuta sia quella stabilita per i territori svantaggiati, da versare in un’unica soluzione entro il giorno 16 del mese successivo al termine della prestazione con modalità da definire.
Le prestazioni occasionali possono essere rese da pensionati, disoccupati, percettori di ammortizzatori sociali o del Reddito di cittadinanza, studenti fino a 25 anni, detenuti ammessi al lavoro all’esterno che, a eccezione dei pensionati, non abbiano avuto rapporti di lavoro subordinato in agricoltura nei 3 anni precedenti.
Il datore deve acquisire dal lavoratore un’autocertificazione che attesti il possesso dei requisiti previsti e comunicare al Centro per l’impiego l’apertura del contratto.
In caso di mancata comunicazione o di assunzione di soggetti diversi da quelli previsti dalla norma, sono previste sanzioni amministrative da 500 a 2.500 euro per ogni giornata in cui risulta accertata la violazione.
La durata massima del contratto è di 12 mesi e il limite dei 45 giorni nell’anno civile si applica al numero massimo delle giornate effettive di lavoro. In caso di superamento di tale limite il rapporto di lavoro si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
La soluzione in esame non pare, però, aver accontentato né i sindacati né le imprese.
I primi sostengono, infatti, che si estende la precarietà, in quanto vengono meno i limiti economici attualmente previsti per il lavoro occasionale, si allarga la possibilità di utilizzare il lavoro accessorio a tutte le imprese del settore primario e i lavoratori sono sostanzialmente a disposizione del datore di lavoro. Da parte datoriale, invece, si rilevano dubbi circa l’effettivo grado di semplificazione della nuova misura che si presenta come una forma ibrida tra lavoro dipendente e occasionale. Per avere maggiori elementi di valutazione è, tuttavia, necessario attendere lo specifico documento, preannunciato dall’INPS, sulle modalità di funzionamento dello strumento.
In ogni caso, si può valutare positivamente l’attuazione di un istituto sperimentale che, mediando tra le opposte esigenze, si propone di ridurre una criticità di tutto rilievo per il comparto agricolo.

Gualtiero Roveda

avvocato, esperto di diritto del lavoro e d’impresa

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