CRISI PESCHE, MA IL CONSUMATORE NON SE NE ACCORGE

Ho letto una bella intervista del nuovo direttore generale di Apofruit, Ilenio Bastoni, in cui a proposito della crisi della frutta estiva si parla delle tante ricette necessarie per risollevare il comparto e in particolare si dice una amara verità: che la nostra peschicoltura non ha più lo sfogo dell’export perché ha perso importanti mercati esteri (indovinate a favore di chi…) e si limita a rifornire il mercato interno e la Germania.

Ancora una volta si dimostra che senza export la nostra frutticoltura muore. Comunque la sintesi di questa crisi da spiegare all’uomo della strada è questa: c’è una anomalia meteo, c’è un eccesso di offerta, le famiglie non consumano, i prezzi crollano. Stop. Ma proviamo a vedere questa crisi dalla parte dell’uomo della strada, cioè del consumatore, mentre proprio oggi Agrinsieme manifesta a Roma su questo tema. E qui bisogna dire che ancora una volta il mondo dell’ortofrutta dà per scontato presso la pubblica opinione quello che scontato non è. Il consumatore questa crisi non la capisce semplicemente perché di questa crisi non si è accorto. Continua a pagare più o meno gli stessi prezzi dell’anno scorso, e dalla crisi non ha avuto neppure il ‘ristorno’ di prezzi più bassi.

Il sistema distributivo italiano in anni di crisi come questo fa cartello: difficile trovare tra market, dettaglio tradizionale, mercatini rionali, ambulanti etc. un kg di pesche a meno di 2 euro, nonostante in campagna i prezzi siano scesi a 20 cent/kg e anche sotto. Quindi: il consumatore legge sui giornali il lamento dei produttori, poi quando va a comprare la frutta si chiede le ragioni del lamento, i prezzi sono gli stessi ovunque. Con in aggiunta una qualità spesso scadente, frutto di stacchi troppo precoci o di cattiva frigoconservazione.

Mia esperienza personale in luglio in Sardegna: pesche, meloni e albicocche dure e quasi immangiabili nelle diverse catene di una località importante della costa nord, frutta insapore che lasciata in casa a ‘maturare’ spesso marciva e bisognava buttarla. Per mangiare qualcosa di solo decente, mi rifornivo da un banchetto di una azienda agricola locale dove però le pesche locali stavano a 2,50 euro/kg, così le albicocche; i meloni a 3,50 euro. Come dire: anche la vendita diretta si fa pagare. Quindi attenzione: il mondo produttivo ha paura ad attaccare il totem della grande distribuzione, però sta di fatto che i cartellini dei prezzi della frutta nei market non ‘rappresentano’ la crisi agli occhi dei consumatori, che sono quelli che contano. Anche la crisi va comunicata, dando a ciascuno il suo e il mondo produttivo-commerciale non ha ancora imparato a farlo.


Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

lorenzo.frassoldati@corriereortofrutticolo.it

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