In queste settimane si conclude la seconda campagna agrumicola d’oltreoceano post Covid 19 e risulta utile un’analisi a consuntivo viste le alterne performances del comparto a seguito della congiuntura pandemica. A riferirlo è Agricola Lusia.
Con l’avvento del Covid si era infatti dapprima assistito all’exploit di inizio 2020 dettato dalle prime restrizioni alla mobilità, successivamente si era registrata una forte contrazione della domanda a cavallo tra 2020 e 2021. A fronte di tali oscillazioni ed in condizioni di imprevedibilità, gli operatori di mercato hanno approcciato la campagna agrumicola d’oltreoceano con grandi auspici spinti anche delle possibili riaperture estive del canale Horeca.
In definitiva le performance generali del comparto agrumicolo d’oltremare sono state però deludenti e ben al di sotto delle aspettative degli addetti sia sui volumi che sul pricing. Questi andamenti però, più che ad una contrazione della domanda, sono imputabili a fattori esterni in primis di carattere logistico. Risulta d’interesse, ad esempio, quanto successo in luglio in Sud Africa, principale player agrumicolo nei mesi estivi, i cui gravi disordini, violenze e saccheggi, hanno portato al momentaneo blocco delle principali vie di comunicazione e soprattutto alla chiusura del porto di Durban.
Si noti come disordini limitati ad un’area marginale del Paese abbiano avuto gravi ripercussioni anche oltre confine. Con effetto domino, la situazione a Durban ha messo in ginocchio anche il porto sudafricano di Port Elizabeth, col risultato che per quasi due settimane il principale esportatore di agrumi estivi dovesse rimanere in stand-by nonostante centinaia di containers di agrumi pronti all’imbarco. In Europa questa crisi ha dapprima apportato ad un’inattesa carenza di prodotto, seguita da un’ingestibile congestione dei porti per l’accumulo in pochi giorni dei volumi previsti in entrata nelle precedenti tre settimane. Tutto questo ha comportato ritardi, costi aggiuntivi, ed un caos generale per le operazioni doganali. A fronte di simili eventi, conseguenza più grave, si è diffusa tra gli operatori commerciali il timore di non poter gestire volumi tanto massivi, con il risultato di abbassare drasticamente i prezzi nella speranza di incrementare le uscite. Il risultato è stato un collasso del mercato soprattutto con riguardo ai limoni.
Arance
Nell’estate 2020 le arance erano state la referenza del comparto agrumicolo con i migliori dati in termini di volume e soprattutto di pricing. Per contro la stagione 2021 può definirsi incolore, con volumi non esaltanti e quotazioni contratte ben al di sotto delle aspettative dei produttori. In primavera gli esportatori sudafricani partivano con i migliori auspici vista l’inferiore offerta nelle aree più vocate del paese come Patensie (la grave siccità che da anni affigge il Paese provoca la sofferenza degli alberi generando pezzature piccole e produzioni inferiori). Nella realtà, una domanda europea non esaltante, unita a caratteristiche organolettiche non all’altezza soprattutto per la famiglia Navel, e ad un’offerta che in definitiva si è rivelata maggiore della precedente stagione (+8% Navel e +17% Valencia), hanno portato ad una stagnazione delle quotazioni (con valori inferiori al 50% rispetto alla precedente campagna).
Sul fronte Mediterraneo in queste settimane si avvia una campagna che sulla base delle stime in campo presenterà volumi decisamente inferiori e auspicabilmente migliori ritorni per i produttori italiani e spagnoli. Le ondate di caldo e la siccità di quest’estate, unite alle carenze idriche, hanno infatti apportato ad una fioritura diffusamente scarsa, da valutare che impatto avranno le condizioni climatiche delle prime delicate settimane di raccolta (vedi Ciclone Apollo che ha sconvolto la Piana di Catania).
Limoni
Il limone è stata la referenza che più ha sofferto delle criticità logistiche descritte in precedenza, nonché la famiglia che peggio ha performato in termini di pricing, con ritorni ben al di sotto dei costi di produzione all’origine. In primavera gli operatori nutrivano grandi aspettative in vista della riapertura delle attività turistiche e ristorative, auspici calmierati da due importanti incognite: da un lato la tenuta e la disponibilità del Verna Spagnolo (che influenza la prima parte di campagna); dall’altro l’incognita Eureka Argentina a seguito delle restrizioni Black Spot (con influenza sul finale di campagna).
Le criticità qualitative del prodotto spagnolo, unite all’iniziale mancanza di Eureka argentino, hanno apportato ad un inizio di campagna esaltante, con prezzi del limone Sudafricano decisamente sopra le medie (+40% rispetto all’anno precedente). Già a metà Luglio i citati disordini di Durban e conseguente congestione dei porti, uniti all’arrivo di discreti volumi di limone Argentino hanno diffuso un ingiustificato panico tra gli operatori con una conseguente perdita di valore superiore al 70%. Nonostante il tardare della produzione mediterranea, gli overstock ancora presenti nel mese di ottobre in tutta Europa uniti a prezzi decisamente al di sotto dei costi di produzione causeranno gravi e diffuse perdite sia per i produttori che per parte dei ricevitori europei. Le gravi condizioni descritte risultano ancora più sorprendenti ove si consideri che il Sud Africa ha esportato l’8% in più della precedente stagione (29,4 milioni di cartoni contro i 27.1 del 2020).
Sul fronte Europeo la campagna inizia con leggero ritardo contrariamente alle aspettative iniziali.
In Spagna si attende una disponibilità di Primofiore inferiore di circa il 20%, in queste settimane è partita timidamente la commercializzazione di prodotto deverdizzato con quotazioni in linea con le precedenti stagioni. Peggiori le stime sul raccolto estivo del Verna dove si attendono volumi inferiori di circa il 40%.
Anche in Italia, con particolare riguardo all’area vocata di Siracusa, si prevedono volumi inferiori di circa il 20%. Tale disponibilità è da imputarsi da un lato alle tardive operazioni di raccolta di Primofiore della precedente stagione (avvenute ad aprile anziché a gennaio per ragioni di carattere commerciale); dall’altro alle condizioni climatiche con caldo estremo e ridotto approvvigionamento idrico.
A completare il quadro dei principali player mediterranei la Turchia, che anche con riguardo ai Limoni dovrà seriamente affrontare la questione dei residui di trattamenti post-raccolta superiori ai limiti UE. Anche in queste settimane le autorità europee confermano l’esistenza di gravi problemi per i player turchi nell’offrire adeguate garanzie di sicurezza alimentare ai clienti europei. Nei soli mesi di settembre e ottobre sono già dieci le allerte sanitarie per gli agrumi provenienti dalla Turchia.
Pompelmi
Tra gli agrumi i pompelmi sono stati la famiglia di prodotto che più ha disatteso gli iniziali auspici, sia sotto il profilo dei volumi che del pricing.
In primavera una forte diminuzione dell’offerta, a causa la mancanza di prodotto turco per problematiche fitosanitarie, aveva sostenuto una discreta domanda con prezzi al di sopra delle precedenti stagioni (a vantaggio delle produzioni cipriota, israeliana e spagnola). Nel mese di maggio, i primi arrivi di Star Ruby da Sud Africa e Zimbabwe hanno dunque beneficiato di un mercato privo di giacenze, con ritorni economici superiori anche del 100% rispetto ai precedenti di pari periodo. L’eccitazione per le eccezionali performances si è repentinamente tramutata in dramma. Già con l’inizio di giugno, l’arrivo massivo di pompelmi Sudafricani in Europa, con un’eccessiva offerta di calibri medio piccoli, unito ad un fisiologico calo della domanda, hanno portato ad un drastico abbassamento dei prezzi, con perdite di valore anche superiori al 70%. Purtroppo, nonostante rispetto alla precedente stagione i volumi arrivati in Europa fossero superiori di appena un 22% (17.2 milioni di cartoni nel 2021 contro 14.1 nel 2020), il mercato del pompelmo è rimasto stagnante e contratto per tutta la stagione, con timidi rialzi solo nella seconda metà di Ottobre col ridursi degli stock. Sul fronte Mediterraneo il nuovo raccolto è partito timidamente con le produzioni Israeliane, Cipriote e Turche. Tra gli operatori desta curiosità l’andamento dello Star Ruby Turco (che tendenzialmente definisce il bottom price per la referenza). Si evidenzia infatti come sul finire del 2020 si fosse assistito ad un sostanziale blocco delle esportazioni in Europa da parte della Turchia dato il susseguirsi di rilevamenti di residui di trattamenti post-raccolta superiori ai limiti Ue. La problematica è stata particolarmente grave con riguardo al Clorpirifos, fitofarmaco che tendenzialmente ha tempi di carenza superiori a due anni. Attualmente sembra che gli esportatori Turchi abbiamo bypassato la criticità fornendo dall’origine Analisi Multiresiduali di prodotto, mettendo “al riparo” i ricevitori europei da possibili conseguenze penali.