“Un sostegno fondamentale per gli imprenditori agricoli di Emilia-Romagna, Marche e Toscana”. Lo definiva così, solo pochi giorni fa sui social, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Il ‘suo’ decreto Agricoltura aveva appena ricevuto il via libera dalla Commissione europea e per le imprese agricole alluvionate del maggio 2023 pareva (finalmente) spianarsi la strada dello sgravio fiscale del 68% ventilato mesi or sono e cristallizzato nella legge 101/2024.
“Questo intervento, finalizzato a rafforzare la liquidità delle imprese agricole, testimonia l’impegno concreto del Governo Meloni nel supportare il settore primario”, rincarava Lollobrigida, ma dal cuore della Romagna alluvionata arriva ben altra lettura: “Noi grandi coop siamo tagliate fuori”.
La vicenda è complessa e tecnica, come ricorda in un lungo articolo Il Resto del Carlino, che ha intervistato alcuni dei principali gruppi ortofrutticoli emiliano romagnoli. “Negli ultimi 18 mesi ci sono sempre state date ampie rassicurazioni sugli sgravi – spiega Cristian Moretti, direttore di Agrintesa, il colosso cooperativo di Faenza (Ravenna) con 4mila agricoltori associati, 2.200 dipendenti e un fatturato di oltre 300 milioni di euro annui –. Rassicurazioni dai ministri e dall’Inps. Si parlava di un regime fiscale finalizzato alla ripartenza come quello in uso nelle tante zone svantaggiate che vengono sostenute ogni anno in Italia. Ora, però, a fine anno e in chiusura di bilancio, scopriamo che la misura è stata inserita in un regime di aiuti di Stato per mitigare le ripercussioni economiche del conflitto russo-ucraino su alcuni comparti produttivi”.
L’ok della Commissione europea implicherebbe, quindi, per gli agricoltori alluvionati le stesse regole del quadro temporaneo di crisi, a partire dal tetto di 280mila euro massimo di sgravi. Che per realtà grandi e aggregate come molte in Romagna (Caviro, Conserve Italia, Orogel tanto per citarne alcune) vuol dire quasi nulla, come ricorda ancora il Carlino. “Per noi è un buco in bilancio di 4,5 milioni – va avanti Moretti –: mai fino adesso nessuno ci aveva parlato di tetti. E questo andrà a incidere sul valore della frutta che pagheremo ai soci l’anno prossimo, sugli impegni strutturali e occupazionali della coop”.
Agrintesa nel maggio 2023 aveva perso il 40% della produzione e quattro capannoni, “ma ci siamo rimboccati le maniche, spalato il fango e chiesto zero ore di cassa integrazione: chiediamo il riconoscimento di quel principio di certezza e di diritto che è stato violato”.
A scontare l’effetto dell’essere una grande coop è anche Apofruit (Cesena), 240 milioni di euro di fatturato, 1.100 soci solo nella zona rossa alluvionata e un crollo dei conferimenti del 35% nel 2023. Il suo direttore, Ernesto Fornari, non usa mezzi termini: “Un atteggiamento a dir poco indisponente visto che non abbiamo avuto aiuti se non questo. Mai – dice –, nemmeno a Macfrut, i ministri hanno mai parlato di tetti: non hanno senso, siamo grandi cooperative. Poi viene fuori questo”.
Per Apofruit lo sgravio valeva 3,5 milioni di euro. “Fa arrabbiare il principio della disuguaglianza: se sono una piccola coop o produttore porto a casa il contributo, se faccio le aggregazioni che l’Europa caldeggia no”.
(fonte: Il Resto del Carlino)