Dolce, dalla polpa morbida, fonte di acqua, sali minerali e vitamine, ricco di antiossidanti, il caco è sugli scaffali della GDO fino a oggi, 14 dicembre. È quindi possibile delineare il primo, concreto bilancio annuale. L’andamento climatico, caldo e siccitoso di quest’anno non ha inciso sulla produzione, che risulta in aumento (di circa il 20%), con prodotti di ottima qualità.
“Rispetto all’anno precedente, la produzione è aumentata sensibilmente, nonostante l’andamento caldo e siccitoso”, afferma Massimiliano Moretti, Direttore Commerciale Gruppo Agribologna. “Anche quest’anno abbiamo potuto rilevare un deciso apprezzamento del caco ‘Questo l’ho fatto io’, forte non solo della propria qualità organolettica e nutrizionale, ma anche della notorietà su cui abbiamo investito, di recente, in eventi e comunicazione dedicati. Il ritorno ottenuto, da questo prodotto, coltivato in Emilia-Romagna, con impegno e passione veri, dai nostri soci Zavoli e Fabbri ci fa molto piacere. Il caco è sempre più apprezzato, non solo sulle tavole, ma anche nelle cucine degli chef e di chi ne sappia e ne voglia valorizzare la versatilità e il gusto inconfondibili. La produzione è comunque aumentata, anche sensibilmente e la qualità è molto buona. Il calibro risulta più piccolo, rispetto agli anni precedenti, a causa della siccità in progressivo incremento, ma di qualità molto buona, anche grazie alle nostre iniziative speciali di irrigazione. Il tutto implica certamente costi in aumento, come sarebbe stato già a causa dei costi energetici, del packaging e del carburante. Siamo davvero di fronte a sfide sempre più complesse. Le affrontiamo forti della nostra passione, del ‘saper fare’ che si trasmette e si integra fra le diverse generazioni Quest’anno poi, il caco è testimone anche di un passaggio di testimone e generazionale – nell’azienda Fabbri, a Sant’Arcangelo di Romagna – che esprime nei fatti, l’integrazione di età, esperienze, know how propria del Consorzio Agribologna. Pensiamo che sia uno dei nostri punti di forza e sappiamo quanto sia importante per un’agricoltura che voglia veramente guardare al futuro, nel nostro Paese.”

Il Caco nella botanica, nella storia e sulle nostre tavole: di origine asiatica, l’albero del caco (Diospyros kaki) vanta tradizioni millenarie ed è fra le specie più antiche coltivate dall’uomo. Il suo arrivo in Europa è datato alla fine del ‘700, pare provenendo dal Giardino botanico di Calcutta. A partire dalla Gran Bretagna, il caco prese a diffondersi in tutta Europa, solo dal XIX secolo, in principio come pianta ornamentale e in seguito come albero da frutto. Emilia-Romagna e Campania sono fra le regioni italiane a maggior produzione di cachi. In Cina è conosciuto come l’albero ‘delle 7 virtù’, fra le quali la longevità, l’ampia ombra, la capacità di dare dimora agli uccelli, la bellezza delle sue foglie e dei suoi frutti.
Molto apprezzato infatti da un punto vista ornamentale, l’albero si contraddistingue per la chioma folta, con belle foglie caduche, che variano – secondo le stagioni – da un verde deciso e lucido all’arancio, fino al rosso. Essendo sopravvissuto in diversi esemplari alla tragica esplosione atomica di Nagasaki, divenne nel dopoguerra simbolo di Pace. La varietà dei cachi che coltiviamo non è edule alla raccolta, non possono essere mangiati tal quali dopo lo stacco dalla pianta. Possiedono infatti una quantità tale di tannini che renderebbero il gusto astringente e impossibile da gustare. Necessitano pertanto, di un processo di detannizzazione che consente di renderli eduli e fargli assumere quella consistenza morbida al palato, così dolce e gradevole. Il deciso colore arancione testimonia la forte presenza di antiossidanti. Sono fonte infatti di betacarotene, ma anche di flavonoidi, il frutto del caco contiene inoltre il 20% della dose giornaliera consigliata di vitamina C. È ricco di zuccheri, ma mai come i dolci, che può eccellentemente sostituire, e garantisce un buon apporto di sali minerali, fra cui il potassio.