Suggestiva ed emozionante è stata la relazione di Stefania De Pascale a Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana 2025. L’intervento ha aperto uno squarcio sull’agricoltura del futuro, quando la conquista di altri pianeti sarà una necessità (nel 2050 sfioreremo i 10 miliardi di abitanti sulla Terra con una domanda di cibo superiore fino al 70% rispetto ad oggi) e quando coltivare sulla Luna, piuttosto che su Marte e sulle navicelle spaziali sarà possibile grazie alle ricerche messe a terra oggi sugli ortaggi proprio da questa straordinaria ricercatrice napoletana. Stefania De Pascale (nella foto), accademica dei Georgofili, professore ordinario di orticoltura al Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II, dirige il “Laboratory of Crop Research for Space“, un laboratorio dedicato alla caratterizzazione delle piante per i sistemi rigenerativi di supporto alla vita nello spazio. Questo laboratorio è stato creato in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea nel contesto del programma MELiSSA (Micro-Ecological Life Support System Alternative), che da oltre 30 anni studia sistemi di supporto vitale a ciclo chiuso.

Stefania De Pascale, autrice di un recente libro intitolato “Piantare piante su Marte – Il lungo viaggio dell’agricoltura”, ha illustrato questa sua straordinaria esperienza, che l’ha portata a studiare gli effetti della microgravità e delle radiazioni ionizzanti sulle piante, lo sviluppo di moduli serra per la Stazione Spaziale Internazionale e la coltivazione di piante in sistemi di controllo ambientale per supportare la vita nello spazio. Gli astronauti che si alternano nella stazione internazionale, grazie ai suoi studi già si cibano di verdure che si producono nello spazio. Di lei non si sono accorte solo l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e la European Space Agency (ESA) ma anche la NASA. De Pascale è infatti partner dell’Università dell’Arizona nel progetto National Aeronautics and Space Administration (NASA) – Steckler/Space Grant – Lunar Greenhouse (LGH).
Ci saranno zero possibilità di sopravvivere su Marte, di colonizzare quel pianeta e di poter tornare sulla Terra vivi, senza un’alimentazione, sostanzialmente vegetariana, che si produca sulle astronavi e su quel pianeta, ha ricordato Stefania De Pascale nel suo intervento. Marte dista dalla Terra tra i 55 milioni e i 400 milioni di chilometri, a seconda delle orbite dei pianeti attorno al Sole. Per sopravvivere al viaggio, che mediamente può durare 500 giorni, una sola persona avrebbe bisogno da un minimo di 2,5 ad un massimo di 7,5 tonnellate di cibo a seconda del tempo di percorrenza, il che rende indispensabile produrre cibo sulla navicella, come già del resto, in piccola parte, già avviene per la stazione che si muove sull’orbita terrestre, e produrre cibo su Marte.
Il nostro pubblico di imprenditori è rimasto non poco sorpreso, ma già qualcuno ha chiesto alla prof. De Pascale di saperne di più. (a.f.)
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