CONTRATTI VIOLATI NEL MIRINO DEI CONTROLLI ICQRF. MA SULLE PRATICHE SLEALI È CAMBIATO POCO O NIENTE

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La filiera agroalimentare, componente fondamentale dell’economia italiana, è spesso caratterizzata da rapporti asimmetrici. In questo scenario, le dinamiche commerciali risultano particolarmente complesse, favorendo talvolta l’emergere di pratiche sleali che compromettono la sostenibilità e l’equità dell’intero sistema.
In tale contesto, all’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) è affidato un ruolo di primaria importanza nelle attività di controllo e vigilanza, finalizzate ad assicurare il rispetto delle disposizioni normative e a garantire la correttezza dei rapporti lungo la filiera, tutelando gli operatori che agiscono nel rispetto delle regole.
Alla luce dei rapporti di forza che contraddistinguono il settore, l’equilibrio del sistema non può essere affidato unicamente ai rimedi civilistici, i quali, collocandosi fisiologicamente al termine della relazione contrattuale, risultano spesso inefficaci nel garantire una tutela tempestiva e concreta. L’esperienza dimostra, infatti, che la parte debole è raramente nelle condizioni di agire in giudizio quando la relazione commerciale è ancora in corso. Per queste ragioni, assume rilievo centrale il ricorso a strumenti di enforcement pubblico, quali le sanzioni amministrative e penali, che consentono un intervento anticipato e più incisivo a presidio della legalità e dell’equità nei rapporti contrattuali.
In tale direzione si colloca la recente pubblicazione del report delle attività svolte: nel corso del 2024, l’ICQRF ha comunicato di aver intensificato i controlli nel settore agroalimentare, con l’obiettivo di rafforzare la vigilanza sul rispetto delle norme e sul corretto funzionamento della filiera.
Le verifiche condotte si sono articolate sia in interventi promossi autonomamente dagli uffici territoriali, sia in operazioni coordinate a livello centrale, interessando un ampio ventaglio di comparti agroalimentari. Particolare attenzione è stata rivolta al settore ortofrutticolo.
Su un totale di 809 controlli ispettivi, 285 hanno riguardato specificamente il comparto ortofrutticolo. Gli operatori sottoposti a verifica sono stati 109, mentre le contestazioni elevate ammontano a 93.
Le attività di controllo hanno consentito di delineare un quadro dettagliato delle principali violazioni riscontrate. Tra le irregolarità più frequenti si segnalano:
modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali (236 contestazioni);
mancato rispetto dei termini di pagamento (164);
mancata stipula dei contratti in forma scritta (80);
stipula di contratti privi degli elementi essenziali (30).
Sono state inoltre rilevate ulteriori pratiche commerciali scorrette, sebbene con incidenza numerica inferiore: restituzione illecita di prodotti invenduti senza pagamento (7 contestazioni); richiesta indebita al fornitore di sostenere costi di marketing (4); richiesta di pagamenti come condizione per l’immagazzinamento o l’esposizione dei prodotti (3); imposizione di condizioni contrattuali eccessivamente gravose (1).
L’attività dell’ICQRF si svolge anche in collaborazione con altre forze dell’ordine, in particolare con la Guardia di Finanza e i Reparti dei Carabinieri per la Tutela Agroalimentare (RAC).
Il resoconto ufficiale offre una panoramica interessante delle azioni intraprese. Tuttavia, le testimonianze raccolte dagli operatori delineano una realtà ben meno incoraggiante. L’art. 62/2012 e il D.lgs. 198/2021, nati per contrastare le pratiche sleali, hanno prodotto un effetto indubbiamente positivo: la riduzione dei termini di pagamento. Per il resto, però, le misure si sono tradotte in meri adempimenti burocratici, che hanno aggravato la gestione amministrativa delle transazioni senza intaccare realmente il potere contrattuale degli acquirenti forti, con tutte le conseguenze negative che ne derivano.
Tale squilibrio è confermato anche da un recente dossier della Camera dei deputati, che evidenzia due criticità principali: da un lato, la scarsa familiarità di agricoltori e produttori con la normativa europea; dall’altro, il persistente timore di ritorsioni da parte degli acquirenti.

Gualtiero Roveda
*avvocato, giornalista pubblicista

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