DAZI, MINGUZZI: “NO A GUERRE COMMERCIALI. LA NOSTRA PRIORITÀ È POTER PRODURRE ANCORA”

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“Sicuramente gli alti dazi che il nuovo governo USA applicherà ai nostri prodotti ci penalizzeranno e credo che – come il nostro governo ha già pensato di fare – la scelta migliore e più saggia sia quella di non fare una guerra commerciale che sarebbe come quella fra Davide e Golia. Piuttosto penso che per i nostri prodotti, sto parlando di ortofrutta, la soluzione  sia quella di togliere la miriade di divieti all’utilizzo di molecole che non ci permettono più di difendere le nostre produzioni, ripeto nel nostro caso, ortofrutticole. Noi operatori del settore chiediamo con forza all’Europa, attraverso il nostro governo, di difendere la nostra frutticoltura, è questa per noi la priorità”.

A cichiararlo è Giancarlo Minguzzi (nella foto), presidente di Fruitimprese Emilia Romagna che ricorda il record di oltre 6 miliardi di euro di valore esportato raggiunto dal settore degli ortofrutticoli freschi nel 2024, “un primato che assume un significato ancora più rilevante al cospetto delle crescenti difficoltà che stanno affliggendo gli operatori”.

Stiamo assistendo – continua Minguzzi – “ad una inesorabile e progressiva riduzione delle produzioni: negli ultimi 10 anni abbiamo perso il 80% del raccolto di pere, il 75% di kiwi e il 25% pesche. Il nostro problema principale sui mercati internazionali ormai non è collocare il prodotto ad un prezzo remunerativo, ma avere il prodotto da vendere”.

Sulla nostra ortofrutta è in atto da tempo una tempesta perfetta: “dovuta ai cambiamenti climatici con periodi di siccità e alluvioni, all’aumento di fitopatie e attacchi di insetti alieni, aggravata dalle misure – frutto di un ambientalismo ideologico –  che l’Unione Europea ha messo in campo per limitare l’uso degli agrofarmaci, senza fornire soluzioni alternative percorribili”.

Come ha rilevato recentemente anche CSO Italy, conclude Minguzzi, “il primo imputato è l’Unione Europea che con una politica demagogica ha lasciato i produttori senza mezzi di difesa efficaci e, cosa più grave, senza valide ed efficaci alternative. Dai circa 1.000 principi attivi che erano a disposizione dell’agricoltura, in pochi anni si è passati a meno di 300: una riduzione di oltre il 70%. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti”.

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