DESERTIFICAZIONE E AGRICOLTURA, AL SUD SITUAZIONE ALLARMANTE COME IN GRECIA E SPAGNA

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“La desertificazione non è un fenomeno lontano o marginale. È già tra noi e colpisce duramente le nostre terre, in particolare nel Mezzogiorno, dove il terreno si sta progressivamente impoverendo, perdendo fertilità e capacità produttiva. Questo non è solo un allarme ambientale, ma una questione economica e sociale: in gioco c’è la tenuta delle imprese agricole, il reddito delle famiglie rurali e l’equilibrio territoriale del Paese.”

Lo afferma Mario Serpillo, Presidente dell’Unione Coltivatori Italiani (UCI), commentando i dati emersi dal recente studio realizzato dai professori Marco Percoco (Università Bocconi) e Maurizio Malpede (Università di Pavia) sugli effetti della desertificazione sull’economia globale e italiana. Secondo lo studio, condotto su oltre 60.000 aree geografiche nel mondo, la desertificazione può generare una perdita di PIL fino al 10% nelle aree più colpite. L’Italia, soprattutto nel Sud, è fra le regioni europee più esposte, insieme a Grecia e Spagna. Le zone agricole più vulnerabili stanno diventando sempre meno produttive e il divario economico tra Nord e Sud rischia di allargarsi ancora di più.

“Quando il terreno perde la capacità di trattenere l’acqua e i nutrienti – prosegue Serpillo – non parliamo solo di una questione tecnica o naturalistica, ma di una vera emergenza nazionale. I raccolti calano, le imprese chiudono, i giovani emigrano. La desertificazione è oggi una delle cause invisibili dello spopolamento delle aree interne e montane. E mentre perdiamo suolo fertile, perdiamo anche economia, identità, cultura e futuro.”

Lo studio mostra come il fenomeno sia già evidente: dal crollo del 60% dei raccolti di grano in Spagna, alla trasformazione forzata del paesaggio agricolo marocchino, dove intere comunità rurali sono state costrette a lasciare i campi per l’impossibilità di continuare a coltivare. In Italia il processo si sta diffondendo in modo lento ma costante, lasciando segni profondi nel tessuto agricolo e sociale, soprattutto nelle aree già fragili. E gli effetti non si limitano all’agricoltura: la perdita di produttività si riflette sui salari, sui consumi e sull’intera economia locale, generando migrazioni verso le città e aggravando il cambiamento climatico.

“È necessario – dichiara Serpillo – attivare un piano nazionale straordinario per il recupero dei suoli, che coinvolga il mondo agricolo, le università, le regioni e i Comuni. Servono incentivi per pratiche agroecologiche e rigenerative, investimenti in infrastrutture per la raccolta e la gestione delle acque, e un grande programma di formazione degli agricoltori sul cambiamento climatico. Ma soprattutto serve visione: dobbiamo smettere di inseguire le emergenze e iniziare a costruire un modello agricolo che difenda il suolo, le comunità e la nostra sovranità alimentare.”

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